La vita di Cesare cambiò completamente dopo quel fatidico discorso fatto durante il funerale della moglie. L’anno seguente sposò un’altra donna di nome Pompeia ma continuò ad avere uno stile di vita libertino, giacendo con splendide donne e uomini che le facevano la corte e per questo venne aspramente criticata da molti aristocratici che la vedevano come una minaccia per le tradizioni romane; Cesare, tuttavia, era protetta dai due uomini più potenti di Roma: Pompeo e Crasso.
Sapendo di avere dalla sua parte l’uomo più ricco e il condottiero più potente di Roma, Cesare non si fece troppi scrupoli a giacere con uomini sposati, spesso veterani, e con donne mogli di uomini ricchi come Postumia, Lollia, Tertulla e Mucia. Per lei era divertente infrangere le tradizioni, ma soprattutto amava provocare i suoi nemici.
Cicerone prese in giro Cesare definendola ‘miglior marito per le mogli, miglior moglie per i mariti’. Lo stesso poeta Catullo, che detestava Cesare, diceva che lei andava a letto con i ragazzini per svago. Molti reazionari la chiamarono ‘Divina Puttana di Roma’ o anche ‘Prostituta Bianca’, ma scherni e diffamazioni non riuscirono a fermare la sua ascesa al potere.
Sapendo di avere dalla sua parte l’uomo più ricco e il condottiero più potente di Roma, Cesare non si fece troppi scrupoli a giacere con uomini sposati, spesso veterani, e con donne mogli di uomini ricchi come Postumia, Lollia, Tertulla e Mucia. Per lei era divertente infrangere le tradizioni, ma soprattutto amava provocare i suoi nemici.
Cicerone prese in giro Cesare definendola ‘miglior marito per le mogli, miglior moglie per i mariti’. Lo stesso poeta Catullo, che detestava Cesare, diceva che lei andava a letto con i ragazzini per svago. Molti reazionari la chiamarono ‘Divina Puttana di Roma’ o anche ‘Prostituta Bianca’, ma scherni e diffamazioni non riuscirono a fermare la sua ascesa al potere.
La giovane donna, oltre ad una vita sessuale molto attiva, divenne anche molto popolare fra le masse creando non poco disagio in Senato.
Cesare si recò in Spagna dove si guadagnò l’amore del popolo dopo aver liberato i più poveri dai pesi fiscali imposti dagli aristocratici, con questa manovra si assicurò di essere appoggiata anche al di fuori di Roma. Prima di tornare a casa, Cesare, visitò Gades, una città della Spagna, dove era stata costruita una statua di Alessandro Magno. Vedendo quel monumento, la ragazza, cadde a terra in lacrime e i suoi amici le domandarono, preoccupati:
"Perché piangi, Cesare? È solo una statua."
"Non è solo una statua. È un peso sulla mia schiena." rispose Cesare. "Quell’uomo era più giovane di me quando iniziò la sua conquista mentre io, dopo tutto questo tempo, non ho ancora compiuto nulla di notevole. Non sono ancora riuscita a realizzare i miei sogni."
"Perché non chiedere aiuto alle divinità? Tu discendi da Venere e da Marte, sicuramente ti ascolteranno."
"Mai."
"Io cambierò il mondo con le mie mani. Io supererò Alessandro Magno in grandezza e tutti si ricorderanno di me. La storia non si dovrà mai dimenticare il mio nome."
La chiara e diretta risposta di Cesare lasciò i suoi amici senza parole.
Tornata a Roma, Cesare, decise di offrire il suo aiuto a Pompeo e così approvò la Lex Gabinia con la quale garantì maggiori poteri a lui nella lotta contro la pirateria. La fama di Cesare aumentò notevolmente a Roma e questo stava inquietando gli aristocratici i quali, impotenti, non sapevano come porre fine al suo successo.
63 a.C.
Cesare, una ragazza libertina, vista come una minaccia per le tradizioni romane, venne candidata per essere pontefice massimo, una cosa che scandalizzò i nobili romani. Essere pontefice significava diventare tutori del diritto romano ma soprattutto significava influenzare profondamente la cultura romana; Cesare era epicurea e quindi non credeva all’importanza dei riti religiosi, delle divinità e delle cariche clericali ma tuttavia accettò di competere alle elezioni per poter influenzare più facilmente l’opinione pubblica; dopotutto lei era conscia del fatto che la maggioranza dei Romani fosse credente. Sfruttare la religione a proprio vantaggio le avrebbe sicuramente giovato.
Gli aristocratici, per fermare Cesare, candidarono due della loro fazione: Quinto Lutazio Catulo e Publio Servilio Vatia Isaurico i quali erano già molto potenti. Cesare non sarebbe mai riuscita a vincere contro degli avversari che avevano l’appoggio degli uomini più influenti di Roma; così giunse in suo aiuto Marco Licinio Crasso che le diede abbastanza denaro per corrompere l’elettorato e vincere alle elezioni. Cesare divenne pontefice massimo e inflisse una pesante sconfitta agli aristocratici.
Nello stesso anno Lucio Sergio Catilina organizzò una congiura ai danni del Senato ma venne scoperto da Marco Tullio Cicerone. La fallita congiura di Catilina portò successivamente al processo di quest’ultimo; ben presto iniziarono anche le indagini per scoprire chi avesse collaborato con quell’uomo e saltarono fuori i nomi di Crasso e di Cesare, gli aristocratici, ovviamente, colsero l’opportunità per accusare la ragazza di voler cospirare contro il Senato e di voler distruggere le istituzioni romane.
Cesare sapeva che quelle gravissime accuse l’avrebbero rovinata e così chiese aiuto a Cicerone, disse lui che lei non era al corrente della congiura di Catilina e che era stata incastrata dai suoi nemici e Cicerone accettò di difenderla.
Cesare si recò in Spagna dove si guadagnò l’amore del popolo dopo aver liberato i più poveri dai pesi fiscali imposti dagli aristocratici, con questa manovra si assicurò di essere appoggiata anche al di fuori di Roma. Prima di tornare a casa, Cesare, visitò Gades, una città della Spagna, dove era stata costruita una statua di Alessandro Magno. Vedendo quel monumento, la ragazza, cadde a terra in lacrime e i suoi amici le domandarono, preoccupati:
"Perché piangi, Cesare? È solo una statua."
"Non è solo una statua. È un peso sulla mia schiena." rispose Cesare. "Quell’uomo era più giovane di me quando iniziò la sua conquista mentre io, dopo tutto questo tempo, non ho ancora compiuto nulla di notevole. Non sono ancora riuscita a realizzare i miei sogni."
"Perché non chiedere aiuto alle divinità? Tu discendi da Venere e da Marte, sicuramente ti ascolteranno."
"Mai."
"Io cambierò il mondo con le mie mani. Io supererò Alessandro Magno in grandezza e tutti si ricorderanno di me. La storia non si dovrà mai dimenticare il mio nome."
La chiara e diretta risposta di Cesare lasciò i suoi amici senza parole.
Tornata a Roma, Cesare, decise di offrire il suo aiuto a Pompeo e così approvò la Lex Gabinia con la quale garantì maggiori poteri a lui nella lotta contro la pirateria. La fama di Cesare aumentò notevolmente a Roma e questo stava inquietando gli aristocratici i quali, impotenti, non sapevano come porre fine al suo successo.
63 a.C.
Cesare, una ragazza libertina, vista come una minaccia per le tradizioni romane, venne candidata per essere pontefice massimo, una cosa che scandalizzò i nobili romani. Essere pontefice significava diventare tutori del diritto romano ma soprattutto significava influenzare profondamente la cultura romana; Cesare era epicurea e quindi non credeva all’importanza dei riti religiosi, delle divinità e delle cariche clericali ma tuttavia accettò di competere alle elezioni per poter influenzare più facilmente l’opinione pubblica; dopotutto lei era conscia del fatto che la maggioranza dei Romani fosse credente. Sfruttare la religione a proprio vantaggio le avrebbe sicuramente giovato.
Gli aristocratici, per fermare Cesare, candidarono due della loro fazione: Quinto Lutazio Catulo e Publio Servilio Vatia Isaurico i quali erano già molto potenti. Cesare non sarebbe mai riuscita a vincere contro degli avversari che avevano l’appoggio degli uomini più influenti di Roma; così giunse in suo aiuto Marco Licinio Crasso che le diede abbastanza denaro per corrompere l’elettorato e vincere alle elezioni. Cesare divenne pontefice massimo e inflisse una pesante sconfitta agli aristocratici.
Nello stesso anno Lucio Sergio Catilina organizzò una congiura ai danni del Senato ma venne scoperto da Marco Tullio Cicerone. La fallita congiura di Catilina portò successivamente al processo di quest’ultimo; ben presto iniziarono anche le indagini per scoprire chi avesse collaborato con quell’uomo e saltarono fuori i nomi di Crasso e di Cesare, gli aristocratici, ovviamente, colsero l’opportunità per accusare la ragazza di voler cospirare contro il Senato e di voler distruggere le istituzioni romane.
Cesare sapeva che quelle gravissime accuse l’avrebbero rovinata e così chiese aiuto a Cicerone, disse lui che lei non era al corrente della congiura di Catilina e che era stata incastrata dai suoi nemici e Cicerone accettò di difenderla.
Il Senato venne riunito per dare inizio al processo di Catilina. Tutti i maggiori esponenti della politica romana, le persone che avrebbero cambiato la storia di Roma per sempre, si presentarono: Cicerone, Crasso, Pompeo, Catone e ovviamente Cesare. Cicerone, l’avvocato più famoso di Roma, l’intellettuale più lodato e il filosofo stoico più letto, iniziò il suo discorso contro Catilina:
"Fino a quando abuserai, Catilina, della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora questa tua condotta temeraria riuscirà a sfuggirci? A quali estremi oserà spingersi il tuo sfrenato ardire? Le tue trame sono scoperte, non te ne accorgi? Non vedi che il tuo complotto è noto a tutti? Ciò che facesti la notte scorsa e la precedente, dove ti recasti, quali complici convocasti, quali decisioni prendesti, credi tu ci sia un solo tra noi che non ne sia informato? In Italia, nelle valli dell’Etruria, si trova un accampamento ivi appostato contro il popolo romano; il numero dei nemici aumenta di giorno in giorno e il capo di quell’armata, il capo di quei nemici è qui, intento a tramare contro la Repubblica. E dunque, Catilina, che cosa aspetti ancora?" Domandò Cicerone puntando il suo dito verso Catilina. "Muta i tuoi propositi, dai retta a me, desisti dal massacro, dagli incendi: da ogni parte si vigila su di te, i tuoi progetti sono più palesi che la luce del giorno. Oppure vai, Catilina, conduci a termine l’impresa: esci una buona volta dall’Urbe; le porte sono spalancate. Purifica la città. Mi toglierai una grossa paura dal cuore quando ci sarà un muro tra te e me. Restare ancora tra noi, no, non puoi: non lo sopporterò, non lo permetterò, non intendo tollerarlo. Tu sei un demone sinistro, un nemico della Repubblica, tu e i tuoi loschi complici ancora nascosti nell’ombra. Sarai punito, Catilina, per il peccato che hai commesso contro Roma, contro le nostre divinità che ci proteggono e contro il nostro grandioso protettore Romolo."
Dopo il discorso di Cicerone, che venne elogiato e considerato fra i migliori dell’oratore, il Senato condannò Catilina con l’accusa di tradimento ma quale punizione avrebbe dovuto subire?
Cesare era contro la pena di morte e disse al riguardo:
"Quell’uomo che avete di fronte, Catilina, è colpevole, sì, ma ucciderlo ci renderebbe proprio come lui e noi non lo siamo. Noi siamo migliori di quell’uomo, siamo persone razionali e puniamo i crimini con giustizia. Quell’uomo ha tentato di attaccare il Senato ma i suoi piani sono falliti, dunque uccidere un uomo che non ha causato nessun male è eccessivo. Noi puniamo con giustizia non con vendetta. Privatelo dei suoi averi, della sua casa e dei suoi soldi ed esiliatelo da Roma per sempre, questa è una punizione più che umana, molto meglio che condannarlo a morte."
"Ovviamente dici questo" asserì Catone, seduto vicino a lei.
"Se hai qualcosa da dire dilla pure, Catone, ti ascolto" disse Cesare, infastidita dal tono sprezzante dell’uomo.
Catone si alzò.
"Questa donna ha violato più volte le tradizioni tramandate dai nostri padri. È sposata ma vive emulando gli usi degli Orientali, che noi sappiamo che oltre ad essere privi di pudore sono anche nettamente inferiori a noi; questa donna ha occupato cariche politiche destinati a uomini contravvenendo alle nostre leggi grazie all’aiuto di Marco Licinio Crasso e del suo fascino da strega. Ora, costei, protegge un uomo, Catilina, che noi sappiamo, perché abbiamo la lista con i nomi dei complici che lo aiutarono a mettere in atto la congiura, essere un suo amico. In altre parole questa donna che porta il nome di un uomo e che si comporta come un uomo ha cercato di attaccare la nostra Repubblica, ha cercato di ucciderci tutti solo per soddisfare le sue brame personali. Non mi sorprendo che Cesare voglia che Catilina rimanga in vita, lei è una complice di quel criminale. Lei e quello scellerato di Crasso! "
"Tu sei pazzo, Catone, completamente pazzo" commentò Crasso.
"Vuoi farmi credere che non ambisci al potere assoluto? Non farmi ridere, sappiamo entrambi che sei praticamente come un maiale goloso. Oltre al denaro cerchi anche il controllo di Roma e ti sei fatto aiutare da questa donna- "
"Fino a quando abuserai, Catilina, della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora questa tua condotta temeraria riuscirà a sfuggirci? A quali estremi oserà spingersi il tuo sfrenato ardire? Le tue trame sono scoperte, non te ne accorgi? Non vedi che il tuo complotto è noto a tutti? Ciò che facesti la notte scorsa e la precedente, dove ti recasti, quali complici convocasti, quali decisioni prendesti, credi tu ci sia un solo tra noi che non ne sia informato? In Italia, nelle valli dell’Etruria, si trova un accampamento ivi appostato contro il popolo romano; il numero dei nemici aumenta di giorno in giorno e il capo di quell’armata, il capo di quei nemici è qui, intento a tramare contro la Repubblica. E dunque, Catilina, che cosa aspetti ancora?" Domandò Cicerone puntando il suo dito verso Catilina. "Muta i tuoi propositi, dai retta a me, desisti dal massacro, dagli incendi: da ogni parte si vigila su di te, i tuoi progetti sono più palesi che la luce del giorno. Oppure vai, Catilina, conduci a termine l’impresa: esci una buona volta dall’Urbe; le porte sono spalancate. Purifica la città. Mi toglierai una grossa paura dal cuore quando ci sarà un muro tra te e me. Restare ancora tra noi, no, non puoi: non lo sopporterò, non lo permetterò, non intendo tollerarlo. Tu sei un demone sinistro, un nemico della Repubblica, tu e i tuoi loschi complici ancora nascosti nell’ombra. Sarai punito, Catilina, per il peccato che hai commesso contro Roma, contro le nostre divinità che ci proteggono e contro il nostro grandioso protettore Romolo."
Dopo il discorso di Cicerone, che venne elogiato e considerato fra i migliori dell’oratore, il Senato condannò Catilina con l’accusa di tradimento ma quale punizione avrebbe dovuto subire?
Cesare era contro la pena di morte e disse al riguardo:
"Quell’uomo che avete di fronte, Catilina, è colpevole, sì, ma ucciderlo ci renderebbe proprio come lui e noi non lo siamo. Noi siamo migliori di quell’uomo, siamo persone razionali e puniamo i crimini con giustizia. Quell’uomo ha tentato di attaccare il Senato ma i suoi piani sono falliti, dunque uccidere un uomo che non ha causato nessun male è eccessivo. Noi puniamo con giustizia non con vendetta. Privatelo dei suoi averi, della sua casa e dei suoi soldi ed esiliatelo da Roma per sempre, questa è una punizione più che umana, molto meglio che condannarlo a morte."
"Ovviamente dici questo" asserì Catone, seduto vicino a lei.
"Se hai qualcosa da dire dilla pure, Catone, ti ascolto" disse Cesare, infastidita dal tono sprezzante dell’uomo.
Catone si alzò.
"Questa donna ha violato più volte le tradizioni tramandate dai nostri padri. È sposata ma vive emulando gli usi degli Orientali, che noi sappiamo che oltre ad essere privi di pudore sono anche nettamente inferiori a noi; questa donna ha occupato cariche politiche destinati a uomini contravvenendo alle nostre leggi grazie all’aiuto di Marco Licinio Crasso e del suo fascino da strega. Ora, costei, protegge un uomo, Catilina, che noi sappiamo, perché abbiamo la lista con i nomi dei complici che lo aiutarono a mettere in atto la congiura, essere un suo amico. In altre parole questa donna che porta il nome di un uomo e che si comporta come un uomo ha cercato di attaccare la nostra Repubblica, ha cercato di ucciderci tutti solo per soddisfare le sue brame personali. Non mi sorprendo che Cesare voglia che Catilina rimanga in vita, lei è una complice di quel criminale. Lei e quello scellerato di Crasso! "
"Tu sei pazzo, Catone, completamente pazzo" commentò Crasso.
"Vuoi farmi credere che non ambisci al potere assoluto? Non farmi ridere, sappiamo entrambi che sei praticamente come un maiale goloso. Oltre al denaro cerchi anche il controllo di Roma e ti sei fatto aiutare da questa donna- "
Entrò un messaggero che si avvicinò a Cesare e che le diede un bigliettino. Cesare si mise a leggere il biglietto in silenzio e Catone esclamò:
"E adesso cosa fai? Prendi istruzioni dal nemico? Stai complottando di ucciderci tutti? Dove hai messo i soldati? Rispondi, donna!"
Cesare diede il bigliettino a Catone, egli lo lesse … era una lettera d’amore dedicata a lei, scritta da Servilia, la sorella minore di Catone. L’uomo, infuriato, restituì il biglietto a Cesare esclamando:
"Tieni, sciagurata! E smettila di darmi fastidio con le tue scemenze! Maledetta libertina!"
Cicerone si pronunciò in difesa di Cesare e disse:
"Catone a procurarci la lista dei nomi è stato Lucio Vezio, che era a sua volta un complice di Catilina. Cosa ti fa credere che non sia stata una farsa per incastrare Cesare? Siamo tutti consci che quella ragazza sia singolare e che sia un segno di cambiamento qui a Roma ma questo non significa che lei sia una nemica della Repubblica, anzi, più volte ha servito con fedeltà Roma. Le tue accuse non sono fondate."
"Sei stato sedotto anche tu dal suo fascino, Cicerone, oppure sei semplicemente cieco?"
"Sei davvero fastidioso, Catone" commentò Cesare con un modo di fare annoiato.
"Fai silenzio, donna!" esclamò Catone.
"Fammi tacere, allora!" rispose Cesare alzandosi in piedi e guardando Catone dritto negli occhi. "Osa toccarmi con un solo dito e ti faccio diventare io una donna. Sono sopravvissuta alle ingiustizie di Silla e sopravvivrò anche a quelle di un politico fallito come te."
In quel momento le guardie del corpo di Catone si arrabbiarono, sguainarono le spade e si avvicinarono a Cesare con l’intento di ucciderla ma Catone li fermò urlando:
"No. Fermi!"
Le guardie si tranquillizzarono e Catone si rivolse alla ragazza:
"Dici di essere innocente, va bene, ti credo. Ma allora dovrai accettare la morte di Catilina. "
"Spero che tu stia scherzando."
"No. Se lo vuoi vivo allora vuol dire che sei sua complice, ma se sei davvero innocente allora dovrai votare a favore della pena di morte."
Il processo a Catilina si concluse in pochi mesi, egli non venne condannato a morte e venne esiliato, ma trovò la morte sul campo di battaglia.
"E adesso cosa fai? Prendi istruzioni dal nemico? Stai complottando di ucciderci tutti? Dove hai messo i soldati? Rispondi, donna!"
Cesare diede il bigliettino a Catone, egli lo lesse … era una lettera d’amore dedicata a lei, scritta da Servilia, la sorella minore di Catone. L’uomo, infuriato, restituì il biglietto a Cesare esclamando:
"Tieni, sciagurata! E smettila di darmi fastidio con le tue scemenze! Maledetta libertina!"
Cicerone si pronunciò in difesa di Cesare e disse:
"Catone a procurarci la lista dei nomi è stato Lucio Vezio, che era a sua volta un complice di Catilina. Cosa ti fa credere che non sia stata una farsa per incastrare Cesare? Siamo tutti consci che quella ragazza sia singolare e che sia un segno di cambiamento qui a Roma ma questo non significa che lei sia una nemica della Repubblica, anzi, più volte ha servito con fedeltà Roma. Le tue accuse non sono fondate."
"Sei stato sedotto anche tu dal suo fascino, Cicerone, oppure sei semplicemente cieco?"
"Sei davvero fastidioso, Catone" commentò Cesare con un modo di fare annoiato.
"Fai silenzio, donna!" esclamò Catone.
"Fammi tacere, allora!" rispose Cesare alzandosi in piedi e guardando Catone dritto negli occhi. "Osa toccarmi con un solo dito e ti faccio diventare io una donna. Sono sopravvissuta alle ingiustizie di Silla e sopravvivrò anche a quelle di un politico fallito come te."
In quel momento le guardie del corpo di Catone si arrabbiarono, sguainarono le spade e si avvicinarono a Cesare con l’intento di ucciderla ma Catone li fermò urlando:
"No. Fermi!"
Le guardie si tranquillizzarono e Catone si rivolse alla ragazza:
"Dici di essere innocente, va bene, ti credo. Ma allora dovrai accettare la morte di Catilina. "
"Spero che tu stia scherzando."
"No. Se lo vuoi vivo allora vuol dire che sei sua complice, ma se sei davvero innocente allora dovrai votare a favore della pena di morte."
Il processo a Catilina si concluse in pochi mesi, egli non venne condannato a morte e venne esiliato, ma trovò la morte sul campo di battaglia.