In un’immensa arena di forma circolare, simile ad un anfiteatro Romano, sotto il cielo notturno, stavano combattendo due Servant; una donna con i capelli neri, lunghi e lisci, e il volto coperto da una pittura di guerra e Gaio Giulio Cesare. I Master erano nelle retrovie. Il Master della Servant con pitture di guerra era un ragazzo dalla pelle scura, con i capelli lunghi, sciolti, ed il suo avversario era Alessandro Serpi.
Le due Servant erano alla pari. Entrambe arretrarono. Alessandro esclamò:
“α Saber, sei pronta ad usare il tuo Noble Phantasm?”
Lei lo guardò. Sorrise.
“Ovviamente.”
“ Bene. Allora vai. Finisci la tua rivale!”
Nel frattempo l’altro Master si rivolse alla sua Servant, preoccupato:
“ω Saber, sei sicura di poter vincere? Quell’altra Saber sembra piuttosto forte.”
“Master, non restare in ansia per me. Con questo Noble Phantasm ucciderò quel demone.”
Le due spade delle due Servant si illuminarono. Una luce dorata e una luce di color marino.
“Crocea Mors! (La Spada della Vittoria Certa)”
“Caturix! (Il Re della Battaglia Senza Fine)”
L’impatto dei due Noble Phantasm scatenò un’esplosione talmente potente da far cadere a terra entrambi i Master. Alessandro sbatté la testa contro la parete di pietra e perse i sensi.
Aprì gli occhi. Si voltò a destra e poi a sinistra. Era in treno. L’unico passeggero di un vagone. Alzò lo sguardo verso uno schermo digitale che faceva vedere la traiettoria del treno; c’era un quadrante nel quale si vedevano la data e l’orario.
12 settembre 2021
Il treno uscì dal buio di un tunnel e una forte luce passò attraverso il finestrino colpendo direttamente gli occhi di Alessandro; il ragazzo abbassò la tendina e si strofinò gli occhi. Con il piede destro sbatté contro lo zaino facendolo cadere; fuoriuscirono i libri e anche un pezzo di pietra sul quale era scritto ‘CAESAR’; era una reliquia che poteva essere usata per evocare Gaio Giulio Cesare, la Servant che aveva combattuto al fianco di Alessandro durante la Guerra del Santo Graal di Yggdrasil. Vedendo quel cimelio Alessandro si ricordò del sogno che aveva appena fatto.
“Meglio non pensarci” mormorò fra sé e sé.
Alessandro mise la roba dentro lo zaino, chiuse tutto e cercò di riaddormentarsi ma in quel momento, con la coda dell’occhio, notò qualcosa di strano nel vagone più avanti; attraverso la finestrella dello sportello poteva vedere chiaramente un uomo con i capelli argentei e gli occhi rossi, vestito in modo elegante, che era immobile; lo stava fissando. I suoi occhi erano spalancati e puntavano su di lui.
Inquietato, il ragazzo, pensò di essere ancora rimbambito e così si strofinò gli occhi. Era ancora lì. Si spostò di un sedile. Lo sguardo dell’uomo lo seguì. Alessandro si spostò nuovamente. Iniziò a sudare ma non perse la concentrazione. Senza farsi vedere schioccò le dita e bisbigliò:
“Inveniet Vitam.”
Alessandro si sarebbe aspettato di vedere il corpo dell’uomo illuminarsi di bianco ma non accadde niente del genere.
“Omuncolo. Un fottuto omuncolo.” Alessandro non sapeva che cosa volesse da lui ma era conscio che movimenti bruschi avrebbero innescato uno scontro. Si voltò, alla sua destra stavano spuntando degli edifici, era una stazione; afferrò lo zaino lentamente e lo appoggiò sul sedile. Era deciso a scappare. L’omuncolo non si mosse di un centimetro.
Poi Alessandro vide che fuori dal treno c’erano altri cinque omuncoli che lo stavano aspettando. Il treno si stava fermando in una di quelle stazioni piccole tipiche dei paesi più rurali del Sud Italia. Alessandro non poteva sperare di sconfiggere sei omuncoli usando la forza fisica, ma allo stesso tempo non aveva intenzione di usare la magia in uno spazio ristretto. L’uscita, per fortuna, era nel suo stesso vagone; il treno non si era ancora fermato. Il ragazzo rimase immobile, si asciugò il sudore e attese con ansia il rumore metallico che i treni fanno quando si fermano.
Alessandro si alzò. L’omuncolo aprì lo sportello. Era il momento. Alessandro si mise lo zaino in spalla velocemente e corse verso l’omuncolo, schioccò le dita esclamando:
“Adversarium Ferio!”
L’omuncolo venne spinto in un altro vagone da una forza invisibile. Il treno si fermò e il ragazzo uscì di corsa, facendo attenzione a non cadere, e sfuggì dai cinque farabutti che volevano afferrarlo. Si allontanò, schioccò nuovamente le dita:
“Adversarium Ferio!”
Sbaragliò i suoi inseguitori e corse il più velocemente possibile. Uscì dalla stazione e si addentrò in questo paesino di cui non conosceva il nome. Si guardò indietro ma nessuno lo stava inseguendo tuttavia sapeva di non essere al sicuro e riprese la sua fuga ignorando gli sguardi confusi dei paesani.
Una ragazza sulla ventina apparve sulla sua strada; Alessandro si fermò, chiese scusa perché stava per sbatterle contro e riprese a correre ma poi, improvvisamente, si paralizzò. Aveva l’impressione di aver già visto quella persona. Si girò e vide che lei indossava un abito che ricordava quello di una suora. La ragazza, con capelli lisci bruni e occhi verdi, non era un’abitante del posto, era una Cacciatrice di Eretici inviata dalla Congrega.
“Ti ho trovato, Alessandro Serpi.” Disse lei tirando fuori un kukri da un fodero attaccato al retro della sua cintura. “Morirai, eretico.”
“Vittoria Toscano, la Bestia di Arezzo.”
“Esatto.”
“Il Gran Maestro non si è ancora deciso a lasciarmi stare? Ormai ho chiuso con la Congrega, se hai un minimo di empatia lasciami stare e vattene. Fingi di non avermi mai visto, non hai bisogno di iniziare questa battaglia.”
Lei non rispose. Arrivarono i sei omuncoli di prima. Vittoria schioccò le dita e disse:
“Volucre Ferrum.” La lama del kukri si illuminò di rosso, la ragazza menò un solo fendente e una forma rossa simile ad una spada tagliò le teste di tutti gli omuncoli presenti. Le persone scapparono urlando e Vittoria, con un sorriso soddisfatto disse: “Un problema in meno.” Guardò i cadaveri. “Sei problemi in meno, se vogliamo essere precisi.”
Alessandro schioccò le dita:
“Idolon!”
Un essere trasparente, simile ad un fantasma, identico ad Alessandro Serpi, saltò addosso a Vittoria e la immobilizzò; il ragazzo fuggì.
“Credi che questi trucchi da baraccone funzionino con me?”
Il kukri, con la lama ancora rossa, trafisse il fantasma e lo fece scomparire.
Alessandro sperava di essere riuscito a svignarsela dalle grinfie di quella donna ma improvvisamente si trovò in un vicolo cieco. Pensò di cambiare strada ma non appena si voltò vide nuovamente Vittoria.
“Pensavi davvero di potermi scappare?”
“Non voglio combattere. Sono stanco di combattere. La guerra è finita e la Congrega non ha più ragione di darmi la caccia.”
“Sei davvero convinto di questo? Non solo sei un traditore e un eretico ma anche un ladro. Con te porti la reliquia in grado di evocare la Servant che ha sconfitto Sheol. Non possiamo lasciarti con un simile tesoro fra le mani. Quella Servant ti era stata data dalla Congrega, è una nostra proprietà e devi restituirla.”
“Non ho intenzione di fare una cosa simile.”
“Allora morirai.”
“Perché ti comporti in questo modo?! Ascoltami!”
“Non ascolto gli eretici” rispose lei con un ghigno malvagio.
Vittoria si preparò a colpire Alessandro ma in quel momento il terreno sotto i piedi del ragazzo si sollevò; Alessandro si vide innalzarsi in aria di circa dieci metri, rimase immobile per non cadere ma era spaventato; notando lo sguardo sorpreso di Vittoria, intuì che anche lei era all’oscuro di quello che stava succedendo. Sicuramente si trattava di magia.
“Geomanzia” disse Alessandro fra sé e sé. “Ma chi è?”
La zolla di terreno smise di muoversi verticalmente e iniziò a spostarsi orizzontalmente e allora Alessandro iniziò davvero a preoccuparsi; non disponendo di magie per volare non poteva spostarsi da lì; piegò le ginocchia, per non oscillare troppo, e attese la fine del tragitto preparandosi al peggio. Vittoria tentò di inseguire il ragazzo.
“No! Torna qui, codardo! Eretico!” urlò.
Quella zolla di terra fluttuante era troppo veloce per la ragazza e alla fine lei si dovette arrendere.
Alessandro era ormai lontano da quel paese, si trovava sopra un campo di grano che circondava un’abitazione vecchia, in pietra, con finestre rotte e la porta marcita; Alessandro vide che si stava abbassando e si preparò a combattere, ma non appena tornò sulla terraferma rimase sorpreso nell’apprendere che ad attenderlo non c’era un nemico ma una ragazza che aveva già incontrato.
“Ina? Ina Shandilya?”
Una giovane ragazza indiana con capelli neri legati in due code gonfie, occhi viola e occhiali da vista; era più bassa di lui e indossava un maglioncino rosa con una lunga gonna nera; con la sciarpa gialla cercava di nascondere il fatto che stava arrossendo.
“Scusa, non volevo spaventarti.”
La sua voce era una di quelle che faceva piacere ascoltare.
“Non ti devi scusare, mi hai salvato la vita. Ti ringrazio.”
Alessandro sollevò un sorriso colmo di gratitudine ma la ragazza, con un modo di fare schivo, disse:
“Non ringraziarmi, non è stato solo un caso. Giuro. Scusami.”
“Cosa intendi dire?” Alessandro si guardò attorno. “Cosa ci fai qui, comunque?”
“Ecco …”
“Non c’è nessun’altro?”
“No.”
“Va bene. Come sei arrivata qui, allora? Come mi hai trovato?”
“Oddio … scusa! Scusa!”
Le domande di Alessandro stavano mettendo in soggezione Ina.
“Per cosa ti stai scusando, Ina?”
“Io … ti ho … pedinato.” Ina proferì queste parole con una voce molto bassa.
Alessandro si avvicinò alla ragazza.
“Puoi ripetere? Non ti ho capito.”
Lei indietreggiò di qualche passo e nel fare ciò gli occhiali le caddero per terra.
“Oh!” esclamò lei.
“Ci penso io, non ti preoccupare.”
“No, non devi …” Alessandro aveva già preso gli occhiali e li porse a lei. “Scusami” disse.
“Ora puoi dirmi cosa ci fai qui?”
“Prometti di non arrabbiarti?”
“Perché? Devo arrabbiarmi per caso? Insomma mi hai salvato la vita, non credo che sia-”
“Ti ho pedinato.”
“Scusa?” domandò Alessandro attonito.
“Scusami, davvero, ma ho dovuto farlo! Anzi mi hai detto tu di farlo!” esclamò lei agitata.
“Eh? Io? Io ti ho detto di pedinarmi? Quando? Generalmente non do questi permessi alle persone.”
“Ma non in quel senso!”
“Non ti capisco, giuro.”
“Cioè tu … non mi hai detto di pedinarti … ma io l’ho fatto, l’ho dovuto fare!”
“Va bene, ma come hai fatto a pedinarmi-?”
“Ma non ti ho pedinato in QUEL senso, ma in un altro senso!” Ina stava sudando e le sue orecchie erano diventate rosse come dei peperoni, si era completamente dimenticata di nascondersi dietro la sciarpa e si vedeva perfettamente il rossore sulle sue guance.
“Va bene, forse quello che ci vuole è un momento di pausa” asserì Alessandro facendo un profondo respiro. “Puoi dirmi, esattamente, quello che hai fatto?”
“Ho usato la magia!”
“Per pedinarmi?”
“Sì …”
“Bene-”
“Ma no.”
“Allora puoi-”
“Posso spiegarti.”
Alessandro indicò la ragazza con l’indice e disse:
“Quello. Sarebbe bello che tu facessi proprio quello.”
Finalmente Ina si tranquillizzò e invitò Alessandro ad entrare in quella vecchia casa abbandonata in modo da non farsi trovare da nessun magus della Congrega. Il posto era in pessime condizioni: i mobili in legno erano pieni di buchi, mentre l’unico divano aveva dei cuscini ridotti in brandelli attraversati occasionalmente da scarafaggi. Alessandro e Ina rimasero entrambi in piedi e quest’ultima iniziò a parlare:
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Su quel treno?”
“Sì, ovviamente.”
“Ok, allora … dopo la nostra chiacchierata io feci quello che mi chiedesti di fare, portai in biblioteca quel libro che mi desti e allora, lì, mi imbattei in dei libri che parlavano delle Yoga Upaniṣad e mi informai in merito. Ho passato ogni singolo giorno di ogni mese ad esercitarmi ma poi, quattro giorni fa, ho ricevuto la chiamata di mia madre … vuole che io faccia ritorno in India.”
“Senza offesa ma non capisco questo cosa-”
“Ci siamo incontrati circa sei mesi fa e tu mi desti quel libro di Giordano Bruno, mi dicesti di portarlo in biblioteca, da allora la mia vita è completamente cambiata. Ho scoperto un mondo … un mondo che ignoravo e se dovessi tornare indietro tutto tornerebbe alla normalità, mia madre non mi lascerebbe mai continuare queste pratiche. Scusami, lo so che sono patetica ma non so cosa fare. Sono disorientata, sono completamente persa e ho bisogno che tu mi dia una mano.”
Alessandro tirò un sospiro leggermente infastidito e disse:
“Non hai risposto alla mia domanda, però.”
“Ah, scusami!” esclamò lei arrossendo. “Io ho usato lo yoga. Mi sono esercitata e ho imparato la magia, proprio come te, anche se è diversa da quella che fai tu. Ho usato una siddhi che ottenuto tramite il risveglio del Muladhara. Sono stata in grado di seguire ogni tuo movimento usando la mente, ho guardato attentamente ogni spostamento che facevi e ti ho tallonato.”
“Come mi hai seguito? Io non ti ho vista.”
“Ho usato un metodo poco ortodosso.”
“Ovvero? Ti sei teletrasportata?”
“No … ho saltato.”
“Hai … saltato?”
“Sì. Un sacco. Ho saltato tanto.”
“Come un canguro?”
“Come una persona … ma più in alto … molto più in alto.”
“E sei arrivata qui.”
“Non è stato divertente ma in parte è stata colpa della situazione. Speravo di incontrarti alla fine della corsa del treno ma quando ti ho visto scappare da quelle persone ho capito che avevi bisogno di aiuto e così eccoci qui.”
“Va bene, così può bastare, grazie per la spiegazione.”
“Allora, mi aiuterai?”
Ina si mise a posto gli occhiali e mostrò inconsapevolmente i suoi tristi occhi viola, era palese che la ragazza aveva dei seri problemi ma Alessandro non sapeva sinceramente come aiutarla e non voleva peggiorare la situazione.
“Che cosa vuoi da me, esattamente?”
“Aiutami a scegliere” rispose lei immediatamente.
“Stiamo parlando della tua vita, non ho diritto di fare queste cose. Non ti conosco abbastanza bene per darti dei consigli utili. Ti ringrazio per avermi salvato ma … ti prego di non-”
“Se non fosse stato per te io non sarei qui.”
“Lo so, ma cosa speri che faccia? Non posso fare miracoli, non posso cambiare la tua vita con uno schiocco di dita. A queste cose ci dovresti pensare tu, non io.”
“Dammi un consiglio da amico, allora.”
“Io … non so …”
Alessandro non sapeva più cosa dire. La ragazza era determinata a coinvolgerlo nella sua vita.
“Ina, ti prego, non trascinarmi in queste faccende complicate. Non voglio rovinarti la vita a causa di un mio errore.”
“Non lo farai.”
“Ina-”
“Ti prego!” urlò lei.
Quella reazione fu come un fulmine a ciel sereno. Persino Ina rimase scioccata da quello che aveva appena fatto, come se non fosse stata lei a muovere le labbra e a gridare; chiuse gli occhi e si tolse gli occhiali poi, con la manica del maglioncino, si asciugò gli occhi.
“Mi dispiace.” Alessandro voleva abbracciare la ragazza per consolarla ma poi si fermò quando pensò di essere lui la causa della sua tristezza. “Ora capisco, è colpa mia. Se io non fossi stato così arrogante da indurti a esplorare il mondo della magia tu non avresti affrontato questa terribile situazione. Mi dispiace, sono stato egoista.”
“Non è questo. Tu non capisci niente” mormorò lei rimettendosi gli occhiali.
Ina uscì dall’abitazione. Alessandro non aveva intenzione di seguirla, sapeva di aver sbagliato e se lei si fosse dimenticata di lui sarebbe stato meglio per tutti e due; in quel momento il cielo iniziò a ruggire; il ragazzo si affacciò ad una finestra e notò che stava iniziando a piovere. Corse subito fuori dalla casa e raggiunse Ina.
“Torna in casa, verrà a piovere.” La ragazza era davanti a lui ma non si stava muovendo. “Ina?”
Alessandro si avvicinò e notò che lei aveva lo sguardo puntato sul campo di grano, era incantata.
“Ina, che c’è?”
Lei alzò il dito e aprì la bocca:
“C’è qualcuno lì in mezzo. È una persona. L’ho visto.”
“Una persona? Dove?” Alessandro alzò la testa e con gli occhi scrutò il campo davanti a lui.
All’inizio non notò nulla di strano ma poi vide qualcosa avvicinarsi a loro due. Dalla folta selva di fili di grano uscì questa figura androgina con l’occhio destro viola e quello sinistro verde; aveva una lunga ciocca di capelli verdi che scendeva solo dal lato destro del suo capo, e sull’orecchio sinistro aveva un orecchino che raffigurava un teschio; indossava un abito viola con dei pantaloni azzurri; ciò che rendeva quella creatura spaventosa era il fatto che la sua bocca era visibilmente cucita.
Alessandro sentì una voce nella sua testa ma non sapeva determinare se era quella di un maschio o di una femmina:
“Finalmente ci incontriamo Alessandro Serpi.”
Alessandro si mise davanti a Ina per proteggerla, la ragazza era terrorizzata da quell’essere che aveva ghigno demoniaco.
“Pensi davvero che fare da scudo mi impedirà in qualche modo di ucciderla? L’unica tua fortuna è che il tempo non è ancora giunto. La morte che avrete sarà un’altra e sarà gloriosa.”
“Chi sei tu? Che cosa vuoi da noi?”
Alessandro era pronto a combattere ma quel tizio era pacato.
“Il mio nome è Vergil e condurrò voi tutti nel cuore dell’Inferno.”
“Di che stai parlando?”
“Ascolta le campane, lontane, lontane, suonano la melodia della cara disgrazia, è un funerale, il corteo trasporta il corpo dell’Umanità e lo getta tra le fiamme della Giustizia. La guerra inizia.”
“La guerra? Che guerra …?”
Allora Alessandro capì. Il suo intero corpo venne attraversato da un freddo brivido di terrore. Afferrò il braccio di Ina e corse verso la casa, mise la ragazza dentro l’abitazione; si voltò verso Vergil e schioccò le dita:
“Dis!” esclamò.
Non accadde nulla.
“Alessandro, pensi davvero che la tua magia inferiore possa avere qualche effetto su di me?”
“Figlio di puttana!”
“Che succede?” domandò Ina, preoccupata.
“Succede che siamo nei guai … no.” Si voltò verso la ragazza. “Tu devi scappare. Non puoi rimanere qui! Non so cosa abbia intenzione di fare ma non deve avvicinarsi a te.”
“Cosa vuoi fare tu? Vuoi rimanere da solo e affrontarlo?”
“Devo ucciderlo prima che dia inizio ad un altro massacro!”
“Scusa, non posso!”
Ina superò Alessandro, uscì dalla casa e con un movimento di mani sollevò, dal terreno, due immense pareti di roccia e le fece sbattere una contro l’altra con la forza del pensiero, in mezzo era rimasto anche Vergil. Alessandro rimase stupefatto dalla magia della ragazza ma quando si voltò verso sinistra vide quel tizio illeso, con le braccia incrociate e quel sorrisetto compiaciuto.
“Bastardo, come ha fatto?!”
“Io … pensavo di averlo colpito …”
“Cara dolce Ina, non puoi ferire uno come me.”
Alessandro udì la voce dire:
“Il tempo dei giochi è finito, Serpi, è ora che tu realizzi il tuo destino.”
Sotto i piedi di Alessandro e Ina comparvero due cerchi magici; nessuno dei due poteva muoversi; entrambi scomparvero in un lampo di luce.
Le due Servant erano alla pari. Entrambe arretrarono. Alessandro esclamò:
“α Saber, sei pronta ad usare il tuo Noble Phantasm?”
Lei lo guardò. Sorrise.
“Ovviamente.”
“ Bene. Allora vai. Finisci la tua rivale!”
Nel frattempo l’altro Master si rivolse alla sua Servant, preoccupato:
“ω Saber, sei sicura di poter vincere? Quell’altra Saber sembra piuttosto forte.”
“Master, non restare in ansia per me. Con questo Noble Phantasm ucciderò quel demone.”
Le due spade delle due Servant si illuminarono. Una luce dorata e una luce di color marino.
“Crocea Mors! (La Spada della Vittoria Certa)”
“Caturix! (Il Re della Battaglia Senza Fine)”
L’impatto dei due Noble Phantasm scatenò un’esplosione talmente potente da far cadere a terra entrambi i Master. Alessandro sbatté la testa contro la parete di pietra e perse i sensi.
Aprì gli occhi. Si voltò a destra e poi a sinistra. Era in treno. L’unico passeggero di un vagone. Alzò lo sguardo verso uno schermo digitale che faceva vedere la traiettoria del treno; c’era un quadrante nel quale si vedevano la data e l’orario.
12 settembre 2021
Il treno uscì dal buio di un tunnel e una forte luce passò attraverso il finestrino colpendo direttamente gli occhi di Alessandro; il ragazzo abbassò la tendina e si strofinò gli occhi. Con il piede destro sbatté contro lo zaino facendolo cadere; fuoriuscirono i libri e anche un pezzo di pietra sul quale era scritto ‘CAESAR’; era una reliquia che poteva essere usata per evocare Gaio Giulio Cesare, la Servant che aveva combattuto al fianco di Alessandro durante la Guerra del Santo Graal di Yggdrasil. Vedendo quel cimelio Alessandro si ricordò del sogno che aveva appena fatto.
“Meglio non pensarci” mormorò fra sé e sé.
Alessandro mise la roba dentro lo zaino, chiuse tutto e cercò di riaddormentarsi ma in quel momento, con la coda dell’occhio, notò qualcosa di strano nel vagone più avanti; attraverso la finestrella dello sportello poteva vedere chiaramente un uomo con i capelli argentei e gli occhi rossi, vestito in modo elegante, che era immobile; lo stava fissando. I suoi occhi erano spalancati e puntavano su di lui.
Inquietato, il ragazzo, pensò di essere ancora rimbambito e così si strofinò gli occhi. Era ancora lì. Si spostò di un sedile. Lo sguardo dell’uomo lo seguì. Alessandro si spostò nuovamente. Iniziò a sudare ma non perse la concentrazione. Senza farsi vedere schioccò le dita e bisbigliò:
“Inveniet Vitam.”
Alessandro si sarebbe aspettato di vedere il corpo dell’uomo illuminarsi di bianco ma non accadde niente del genere.
“Omuncolo. Un fottuto omuncolo.” Alessandro non sapeva che cosa volesse da lui ma era conscio che movimenti bruschi avrebbero innescato uno scontro. Si voltò, alla sua destra stavano spuntando degli edifici, era una stazione; afferrò lo zaino lentamente e lo appoggiò sul sedile. Era deciso a scappare. L’omuncolo non si mosse di un centimetro.
Poi Alessandro vide che fuori dal treno c’erano altri cinque omuncoli che lo stavano aspettando. Il treno si stava fermando in una di quelle stazioni piccole tipiche dei paesi più rurali del Sud Italia. Alessandro non poteva sperare di sconfiggere sei omuncoli usando la forza fisica, ma allo stesso tempo non aveva intenzione di usare la magia in uno spazio ristretto. L’uscita, per fortuna, era nel suo stesso vagone; il treno non si era ancora fermato. Il ragazzo rimase immobile, si asciugò il sudore e attese con ansia il rumore metallico che i treni fanno quando si fermano.
Alessandro si alzò. L’omuncolo aprì lo sportello. Era il momento. Alessandro si mise lo zaino in spalla velocemente e corse verso l’omuncolo, schioccò le dita esclamando:
“Adversarium Ferio!”
L’omuncolo venne spinto in un altro vagone da una forza invisibile. Il treno si fermò e il ragazzo uscì di corsa, facendo attenzione a non cadere, e sfuggì dai cinque farabutti che volevano afferrarlo. Si allontanò, schioccò nuovamente le dita:
“Adversarium Ferio!”
Sbaragliò i suoi inseguitori e corse il più velocemente possibile. Uscì dalla stazione e si addentrò in questo paesino di cui non conosceva il nome. Si guardò indietro ma nessuno lo stava inseguendo tuttavia sapeva di non essere al sicuro e riprese la sua fuga ignorando gli sguardi confusi dei paesani.
Una ragazza sulla ventina apparve sulla sua strada; Alessandro si fermò, chiese scusa perché stava per sbatterle contro e riprese a correre ma poi, improvvisamente, si paralizzò. Aveva l’impressione di aver già visto quella persona. Si girò e vide che lei indossava un abito che ricordava quello di una suora. La ragazza, con capelli lisci bruni e occhi verdi, non era un’abitante del posto, era una Cacciatrice di Eretici inviata dalla Congrega.
“Ti ho trovato, Alessandro Serpi.” Disse lei tirando fuori un kukri da un fodero attaccato al retro della sua cintura. “Morirai, eretico.”
“Vittoria Toscano, la Bestia di Arezzo.”
“Esatto.”
“Il Gran Maestro non si è ancora deciso a lasciarmi stare? Ormai ho chiuso con la Congrega, se hai un minimo di empatia lasciami stare e vattene. Fingi di non avermi mai visto, non hai bisogno di iniziare questa battaglia.”
Lei non rispose. Arrivarono i sei omuncoli di prima. Vittoria schioccò le dita e disse:
“Volucre Ferrum.” La lama del kukri si illuminò di rosso, la ragazza menò un solo fendente e una forma rossa simile ad una spada tagliò le teste di tutti gli omuncoli presenti. Le persone scapparono urlando e Vittoria, con un sorriso soddisfatto disse: “Un problema in meno.” Guardò i cadaveri. “Sei problemi in meno, se vogliamo essere precisi.”
Alessandro schioccò le dita:
“Idolon!”
Un essere trasparente, simile ad un fantasma, identico ad Alessandro Serpi, saltò addosso a Vittoria e la immobilizzò; il ragazzo fuggì.
“Credi che questi trucchi da baraccone funzionino con me?”
Il kukri, con la lama ancora rossa, trafisse il fantasma e lo fece scomparire.
Alessandro sperava di essere riuscito a svignarsela dalle grinfie di quella donna ma improvvisamente si trovò in un vicolo cieco. Pensò di cambiare strada ma non appena si voltò vide nuovamente Vittoria.
“Pensavi davvero di potermi scappare?”
“Non voglio combattere. Sono stanco di combattere. La guerra è finita e la Congrega non ha più ragione di darmi la caccia.”
“Sei davvero convinto di questo? Non solo sei un traditore e un eretico ma anche un ladro. Con te porti la reliquia in grado di evocare la Servant che ha sconfitto Sheol. Non possiamo lasciarti con un simile tesoro fra le mani. Quella Servant ti era stata data dalla Congrega, è una nostra proprietà e devi restituirla.”
“Non ho intenzione di fare una cosa simile.”
“Allora morirai.”
“Perché ti comporti in questo modo?! Ascoltami!”
“Non ascolto gli eretici” rispose lei con un ghigno malvagio.
Vittoria si preparò a colpire Alessandro ma in quel momento il terreno sotto i piedi del ragazzo si sollevò; Alessandro si vide innalzarsi in aria di circa dieci metri, rimase immobile per non cadere ma era spaventato; notando lo sguardo sorpreso di Vittoria, intuì che anche lei era all’oscuro di quello che stava succedendo. Sicuramente si trattava di magia.
“Geomanzia” disse Alessandro fra sé e sé. “Ma chi è?”
La zolla di terreno smise di muoversi verticalmente e iniziò a spostarsi orizzontalmente e allora Alessandro iniziò davvero a preoccuparsi; non disponendo di magie per volare non poteva spostarsi da lì; piegò le ginocchia, per non oscillare troppo, e attese la fine del tragitto preparandosi al peggio. Vittoria tentò di inseguire il ragazzo.
“No! Torna qui, codardo! Eretico!” urlò.
Quella zolla di terra fluttuante era troppo veloce per la ragazza e alla fine lei si dovette arrendere.
Alessandro era ormai lontano da quel paese, si trovava sopra un campo di grano che circondava un’abitazione vecchia, in pietra, con finestre rotte e la porta marcita; Alessandro vide che si stava abbassando e si preparò a combattere, ma non appena tornò sulla terraferma rimase sorpreso nell’apprendere che ad attenderlo non c’era un nemico ma una ragazza che aveva già incontrato.
“Ina? Ina Shandilya?”
Una giovane ragazza indiana con capelli neri legati in due code gonfie, occhi viola e occhiali da vista; era più bassa di lui e indossava un maglioncino rosa con una lunga gonna nera; con la sciarpa gialla cercava di nascondere il fatto che stava arrossendo.
“Scusa, non volevo spaventarti.”
La sua voce era una di quelle che faceva piacere ascoltare.
“Non ti devi scusare, mi hai salvato la vita. Ti ringrazio.”
Alessandro sollevò un sorriso colmo di gratitudine ma la ragazza, con un modo di fare schivo, disse:
“Non ringraziarmi, non è stato solo un caso. Giuro. Scusami.”
“Cosa intendi dire?” Alessandro si guardò attorno. “Cosa ci fai qui, comunque?”
“Ecco …”
“Non c’è nessun’altro?”
“No.”
“Va bene. Come sei arrivata qui, allora? Come mi hai trovato?”
“Oddio … scusa! Scusa!”
Le domande di Alessandro stavano mettendo in soggezione Ina.
“Per cosa ti stai scusando, Ina?”
“Io … ti ho … pedinato.” Ina proferì queste parole con una voce molto bassa.
Alessandro si avvicinò alla ragazza.
“Puoi ripetere? Non ti ho capito.”
Lei indietreggiò di qualche passo e nel fare ciò gli occhiali le caddero per terra.
“Oh!” esclamò lei.
“Ci penso io, non ti preoccupare.”
“No, non devi …” Alessandro aveva già preso gli occhiali e li porse a lei. “Scusami” disse.
“Ora puoi dirmi cosa ci fai qui?”
“Prometti di non arrabbiarti?”
“Perché? Devo arrabbiarmi per caso? Insomma mi hai salvato la vita, non credo che sia-”
“Ti ho pedinato.”
“Scusa?” domandò Alessandro attonito.
“Scusami, davvero, ma ho dovuto farlo! Anzi mi hai detto tu di farlo!” esclamò lei agitata.
“Eh? Io? Io ti ho detto di pedinarmi? Quando? Generalmente non do questi permessi alle persone.”
“Ma non in quel senso!”
“Non ti capisco, giuro.”
“Cioè tu … non mi hai detto di pedinarti … ma io l’ho fatto, l’ho dovuto fare!”
“Va bene, ma come hai fatto a pedinarmi-?”
“Ma non ti ho pedinato in QUEL senso, ma in un altro senso!” Ina stava sudando e le sue orecchie erano diventate rosse come dei peperoni, si era completamente dimenticata di nascondersi dietro la sciarpa e si vedeva perfettamente il rossore sulle sue guance.
“Va bene, forse quello che ci vuole è un momento di pausa” asserì Alessandro facendo un profondo respiro. “Puoi dirmi, esattamente, quello che hai fatto?”
“Ho usato la magia!”
“Per pedinarmi?”
“Sì …”
“Bene-”
“Ma no.”
“Allora puoi-”
“Posso spiegarti.”
Alessandro indicò la ragazza con l’indice e disse:
“Quello. Sarebbe bello che tu facessi proprio quello.”
Finalmente Ina si tranquillizzò e invitò Alessandro ad entrare in quella vecchia casa abbandonata in modo da non farsi trovare da nessun magus della Congrega. Il posto era in pessime condizioni: i mobili in legno erano pieni di buchi, mentre l’unico divano aveva dei cuscini ridotti in brandelli attraversati occasionalmente da scarafaggi. Alessandro e Ina rimasero entrambi in piedi e quest’ultima iniziò a parlare:
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Su quel treno?”
“Sì, ovviamente.”
“Ok, allora … dopo la nostra chiacchierata io feci quello che mi chiedesti di fare, portai in biblioteca quel libro che mi desti e allora, lì, mi imbattei in dei libri che parlavano delle Yoga Upaniṣad e mi informai in merito. Ho passato ogni singolo giorno di ogni mese ad esercitarmi ma poi, quattro giorni fa, ho ricevuto la chiamata di mia madre … vuole che io faccia ritorno in India.”
“Senza offesa ma non capisco questo cosa-”
“Ci siamo incontrati circa sei mesi fa e tu mi desti quel libro di Giordano Bruno, mi dicesti di portarlo in biblioteca, da allora la mia vita è completamente cambiata. Ho scoperto un mondo … un mondo che ignoravo e se dovessi tornare indietro tutto tornerebbe alla normalità, mia madre non mi lascerebbe mai continuare queste pratiche. Scusami, lo so che sono patetica ma non so cosa fare. Sono disorientata, sono completamente persa e ho bisogno che tu mi dia una mano.”
Alessandro tirò un sospiro leggermente infastidito e disse:
“Non hai risposto alla mia domanda, però.”
“Ah, scusami!” esclamò lei arrossendo. “Io ho usato lo yoga. Mi sono esercitata e ho imparato la magia, proprio come te, anche se è diversa da quella che fai tu. Ho usato una siddhi che ottenuto tramite il risveglio del Muladhara. Sono stata in grado di seguire ogni tuo movimento usando la mente, ho guardato attentamente ogni spostamento che facevi e ti ho tallonato.”
“Come mi hai seguito? Io non ti ho vista.”
“Ho usato un metodo poco ortodosso.”
“Ovvero? Ti sei teletrasportata?”
“No … ho saltato.”
“Hai … saltato?”
“Sì. Un sacco. Ho saltato tanto.”
“Come un canguro?”
“Come una persona … ma più in alto … molto più in alto.”
“E sei arrivata qui.”
“Non è stato divertente ma in parte è stata colpa della situazione. Speravo di incontrarti alla fine della corsa del treno ma quando ti ho visto scappare da quelle persone ho capito che avevi bisogno di aiuto e così eccoci qui.”
“Va bene, così può bastare, grazie per la spiegazione.”
“Allora, mi aiuterai?”
Ina si mise a posto gli occhiali e mostrò inconsapevolmente i suoi tristi occhi viola, era palese che la ragazza aveva dei seri problemi ma Alessandro non sapeva sinceramente come aiutarla e non voleva peggiorare la situazione.
“Che cosa vuoi da me, esattamente?”
“Aiutami a scegliere” rispose lei immediatamente.
“Stiamo parlando della tua vita, non ho diritto di fare queste cose. Non ti conosco abbastanza bene per darti dei consigli utili. Ti ringrazio per avermi salvato ma … ti prego di non-”
“Se non fosse stato per te io non sarei qui.”
“Lo so, ma cosa speri che faccia? Non posso fare miracoli, non posso cambiare la tua vita con uno schiocco di dita. A queste cose ci dovresti pensare tu, non io.”
“Dammi un consiglio da amico, allora.”
“Io … non so …”
Alessandro non sapeva più cosa dire. La ragazza era determinata a coinvolgerlo nella sua vita.
“Ina, ti prego, non trascinarmi in queste faccende complicate. Non voglio rovinarti la vita a causa di un mio errore.”
“Non lo farai.”
“Ina-”
“Ti prego!” urlò lei.
Quella reazione fu come un fulmine a ciel sereno. Persino Ina rimase scioccata da quello che aveva appena fatto, come se non fosse stata lei a muovere le labbra e a gridare; chiuse gli occhi e si tolse gli occhiali poi, con la manica del maglioncino, si asciugò gli occhi.
“Mi dispiace.” Alessandro voleva abbracciare la ragazza per consolarla ma poi si fermò quando pensò di essere lui la causa della sua tristezza. “Ora capisco, è colpa mia. Se io non fossi stato così arrogante da indurti a esplorare il mondo della magia tu non avresti affrontato questa terribile situazione. Mi dispiace, sono stato egoista.”
“Non è questo. Tu non capisci niente” mormorò lei rimettendosi gli occhiali.
Ina uscì dall’abitazione. Alessandro non aveva intenzione di seguirla, sapeva di aver sbagliato e se lei si fosse dimenticata di lui sarebbe stato meglio per tutti e due; in quel momento il cielo iniziò a ruggire; il ragazzo si affacciò ad una finestra e notò che stava iniziando a piovere. Corse subito fuori dalla casa e raggiunse Ina.
“Torna in casa, verrà a piovere.” La ragazza era davanti a lui ma non si stava muovendo. “Ina?”
Alessandro si avvicinò e notò che lei aveva lo sguardo puntato sul campo di grano, era incantata.
“Ina, che c’è?”
Lei alzò il dito e aprì la bocca:
“C’è qualcuno lì in mezzo. È una persona. L’ho visto.”
“Una persona? Dove?” Alessandro alzò la testa e con gli occhi scrutò il campo davanti a lui.
All’inizio non notò nulla di strano ma poi vide qualcosa avvicinarsi a loro due. Dalla folta selva di fili di grano uscì questa figura androgina con l’occhio destro viola e quello sinistro verde; aveva una lunga ciocca di capelli verdi che scendeva solo dal lato destro del suo capo, e sull’orecchio sinistro aveva un orecchino che raffigurava un teschio; indossava un abito viola con dei pantaloni azzurri; ciò che rendeva quella creatura spaventosa era il fatto che la sua bocca era visibilmente cucita.
Alessandro sentì una voce nella sua testa ma non sapeva determinare se era quella di un maschio o di una femmina:
“Finalmente ci incontriamo Alessandro Serpi.”
Alessandro si mise davanti a Ina per proteggerla, la ragazza era terrorizzata da quell’essere che aveva ghigno demoniaco.
“Pensi davvero che fare da scudo mi impedirà in qualche modo di ucciderla? L’unica tua fortuna è che il tempo non è ancora giunto. La morte che avrete sarà un’altra e sarà gloriosa.”
“Chi sei tu? Che cosa vuoi da noi?”
Alessandro era pronto a combattere ma quel tizio era pacato.
“Il mio nome è Vergil e condurrò voi tutti nel cuore dell’Inferno.”
“Di che stai parlando?”
“Ascolta le campane, lontane, lontane, suonano la melodia della cara disgrazia, è un funerale, il corteo trasporta il corpo dell’Umanità e lo getta tra le fiamme della Giustizia. La guerra inizia.”
“La guerra? Che guerra …?”
Allora Alessandro capì. Il suo intero corpo venne attraversato da un freddo brivido di terrore. Afferrò il braccio di Ina e corse verso la casa, mise la ragazza dentro l’abitazione; si voltò verso Vergil e schioccò le dita:
“Dis!” esclamò.
Non accadde nulla.
“Alessandro, pensi davvero che la tua magia inferiore possa avere qualche effetto su di me?”
“Figlio di puttana!”
“Che succede?” domandò Ina, preoccupata.
“Succede che siamo nei guai … no.” Si voltò verso la ragazza. “Tu devi scappare. Non puoi rimanere qui! Non so cosa abbia intenzione di fare ma non deve avvicinarsi a te.”
“Cosa vuoi fare tu? Vuoi rimanere da solo e affrontarlo?”
“Devo ucciderlo prima che dia inizio ad un altro massacro!”
“Scusa, non posso!”
Ina superò Alessandro, uscì dalla casa e con un movimento di mani sollevò, dal terreno, due immense pareti di roccia e le fece sbattere una contro l’altra con la forza del pensiero, in mezzo era rimasto anche Vergil. Alessandro rimase stupefatto dalla magia della ragazza ma quando si voltò verso sinistra vide quel tizio illeso, con le braccia incrociate e quel sorrisetto compiaciuto.
“Bastardo, come ha fatto?!”
“Io … pensavo di averlo colpito …”
“Cara dolce Ina, non puoi ferire uno come me.”
Alessandro udì la voce dire:
“Il tempo dei giochi è finito, Serpi, è ora che tu realizzi il tuo destino.”
Sotto i piedi di Alessandro e Ina comparvero due cerchi magici; nessuno dei due poteva muoversi; entrambi scomparvero in un lampo di luce.
Vergil di Bikowolf |