venerdì 5 febbraio 2021

[ITA] Capitolo 14 : Come ti piacerebbe morire, Cesare?

Tornata a Roma, Cesare, celebrò la sua vittoria in Spagna e condivise il suo trionfo con i suoi luogotenenti, cosa che generalmente non si faceva, ma non fu questo a mettere a disagio la popolazione di Roma, bensì il fatto che venisse celebrata una vittoria su dei Romani, che erano stati praticamente sterminati. Una cosa tremenda agli occhi della gente ma questo non importava a Cesare.
La ragazza celebrò il suo trionfo senza considerare il sentimento del popolo. Ciò che lei voleva era dimostrare a Roma che soltanto lei era capace di portare la pace e di ristabilire l’ordine. Nessuno era più bravo, nessuno era più capace, nessuno aveva la stessa lungimiranza che possedeva lei. In un certo senso quel trionfo fu un messaggio sia al popolo di Roma che al Senato.
Cesare ormai era la figura più potente del mondo, non aveva più rivali capaci di sconfiggerla. Ogni regione aveva visto un trionfo di Cesare: la Gallia, la Germania, la Britannia, l’Africa, il Medio Oriente, la Penisola Iberica, e ovviamente la Penisola Italica. A Cesare erano fedeli solo le migliori legioni e per Cesare sarebbero morti i più forti uomini di Roma. Nessuno avrebbe mai osato mettersi contro una simile figura.
Cesare decise di attuare delle politiche che avevano come unico scopo quello di modernizzare Roma ma anche quello di pacificarla completamente. Non instaurò mai un governo militare perché sapeva che questo avrebbe causato delle insurrezioni; la ragazza sciolse le sue legioni e decise di indossare la toga, mettendo l’armatura da parte. Nella sua villa, sul Tevere, accolse Cleopatra e il figlio che mai riconobbe; intanto portava avanti una relazione anche con la moglie, Calpurnia, e con la madre di Bruto e nessuno osò mettere in discussione la poligamia di Cesare.
Nessuno, eccetto i patrizi. Gli uomini più reazionari, temendo l’ira di Cesare, si radunavano di nascosto e parlavano male di quella donna Romana che si era lasciata ‘contagiare’ dagli usi Orientali.
La ragazza, ottenuto il controllo totale su Roma, decise di favorire la scienza, l’astronomia e la matematica, e di finanziare gli ambienti intellettuali e divenne giudice in ogni processo offrendo clemenza ai suoi rivali ed evitando di ricorrere alla pena di morte. Indebolì il Senato grazie alle sue riforme e decise di equilibrare i poteri fra popolo e aristocrazia.
Cesare mancava di rispetto ai senatori ma questi, spinti da Cicerone, iniziarono, per qualche strana ragione, a riempire la ragazza di onori e titoli quali imperator e pater patriae, alcuni intellettuali vicino a Cesare notarono immediatamente che i senatori facevano a gara per vedere chi dava più onori alla ragazza e intuirono che c’era qualcosa di losco in questa eccessiva sottomissione. Venne fatta erigere una statua d’oro che raffigurava Cesare a insaputa della dittatrice e su questa venne posta una corona di allori; il Senato accusò Cesare di volere la monarchia ma la ragazza ordinò di togliere quella corona ed espulse i due tribuni sospettati di aver posizionato quella corona sulla statua.
Un altro caso simile avvenne durante i Lupercali, una festa di Roma; Cesare si trovava sui rostri a guardare la processione quando vide arrivare un uomo che pose una corona di allori ai suoi piedi, poi giunse Cassio che finse di essere benevolo e mise la corona sulle ginocchia di Cesare, la ragazza rifiutò la corona e la restituì; ma allora giunse Marco Antonio che prese la corona e gliela mise in capo e la salutò come re. Cesare si alzò furibonda e lanciò la corona fra la gente e poi urlò, abbassandosi la toga e mostrando la gola:
"Ecco la mia gola a chi la vuole sgozzare!"
Quell’episodio lasciò di stucco la popolazione e la ragazza dopo si dovette ritirare nei suoi alloggi.
Anche dopo la scena dei Lupercali, Cesare, continuò a portare avanti le sue riforme. Decise di estendere la cittadinanza romana agli abitanti della Gallia Cisalpina, portò a novecento il numero di senatori e inserì anche degli uomini a lei fedeli. Rafforzò le assemblee popolari a detrimento del Senato che perse la sua autonomia decisionale. Cesare fu la prima ad adattare la burocrazia della Repubblica alle nuove esigenze del tempo.
Ciò che danneggiò veramente il potere del Senato fu l’istituzione del primo giornale Romano. Cesare creò gli Acta Diurna, ovvero tavole sulle quali venivano scritte tutte le decisioni del Senato in modo che il popolo fosse sempre informato delle diverse scelte politiche. Il Senato venne, così, privato della sua segretezza e divenne, ufficialmente e per la prima volta nella storia di Roma, trasparente.
E mentre Cesare continuava a modernizzare Roma, il Senato perdeva molto del suo antico potere, e il popolo continuava ad esistere in uno stato fra la sudditanza e la libera cittadinanza.
"Lungi da me voler emulare un uomo avido di potere come Silla!" esclamò Cesare in un discorso in Senato.
Ma era davvero così?
C’era chi temeva seriamente il potere che quella ragazza aveva conquistato. I nemici di Cesare erano tanti e molti di questi erano vicini a lei.
C’erano diversi motivi per odiare Cesare: godeva di troppo potere; aveva privato gli aristocratici dei loro privilegi; aveva commesso delle atrocità in guerra; era troppo libertina; amava le popolazioni straniere e gli usi di queste; le sue riforme, che avevano lo scopo di modernizzare Roma, erano, per alcuni, troppo radicali; era epicurea.
C’erano davvero differenti ragioni dietro l’odio nei confronti di Cesare. Tuttavia una ragione primeggiava sulle altre e Cassio la espose davanti ai suoi colleghi, in un incontro segreto:
"Una donna non deve e non dovrà mai comandare sui nobili uomini che hanno reso Roma grande!"

La notte del 14 marzo, Cesare venne invitata a cenare a casa di Marco Lepido. A cena c’erano anche Trebonio e Cassio, e altri esponenti del Senato. Tra risate, scherzi e storie fantastiche, alla fine, Cassio, porse una domanda a Cesare:
"Come ti piacerebbe morire, Cesare?"
Tutti restarono un po’ impietriti. Guardarono l’uomo poi la ragazza. Cesare, con un sorriso un po’ rattristito, rispose:
"Molti uomini trovano onorevole una lenta dipartita. Io no. Se io potessi scegliere … preferirei morire velocemente. Non sono interessata all’onore … ma alla felicità. Un uomo buono e rispettoso, mi farebbe morire velocemente."