sabato 6 febbraio 2021

[ITA] Capitolo 15 : Le Idi di Marzo

Le riforme di Cesare avevano danneggiato la classe nobiliare di Roma e il rappresentante di questa classe, Gaio Cassio Longino, non tollerava la presenza di una dittatrice, peraltro donna, che favorisse il popolo invece dell’antica aristocrazia che aveva dominato Roma per secoli. Egli si avvicinò al figlio adottivo di Cesare, Marco Giunio Bruto, che era stato sempre favorito dalla dittatrice stessa, ed anche elogiato da quest’ultima per via della sua intelligenza e della sua capacità politica, e lo convinse ad aiutarlo nella congiura per il bene della libertà. Bruto era un idealista, non era malvagio, amava la libertà ed essendo stoico non poteva apprezzare la dittatura perpetua di Cesare ma Cassio, dall’altra parte, era solo un avido aristocratico che voleva restituire il potere all’aristocrazia e l’unico modo per fare ciò era assassinare Cesare.
Cicerone, rivale di Cesare, non accettò di prendere parte all’assassinio tuttavia consigliò ai congiurati di eliminare anche Marco Antonio, il quale avrebbe rappresentato un ostacolo per la Repubblica.
Da quando si iniziò a pianificare la congiura avvennero strani eventi a Roma: fuochi celesti bruciavano casualmente in più parti del cielo; uccelli solitari restavano in silenzio nel foro di Roma; le mandrie cavalli che avevano passato il Rubicone cominciarono a piangere; uno scricciolo era entrato nella Curia di Pompeo portando un ramoscello d’alloro e venne ucciso da parecchi corvi che sopraggiunsero all’istante; Calpurnia fece un incubo dove vide sé stessa stringere fra le sue braccia il cadavere di Cesare.
Cesare, una notte, sognò di librarsi in cielo e incontrò Enea che le mostrò il futuro dell’Impero Romano, mostrando a lei il destino dei diversi re fino alla fine dei giorni.

15 marzo 44 a.C.
    
Cesare lasciò la sua villa insieme alla sua scorta quando venne fermata da Calpurnia, agitata, che le disse:
"Non andare, Cesare! Oggi non andare! Oggi è quel giorno! Il giorno in cui tu morirai!"
"Sembri piuttosto sicura di te, cosa te lo fa dire?" domandò Cesare incuriosita.
"Ho visto … ho fatto un sogno dove ho visto te morire. Ti prego non andare."
"Ma la stanno aspettando." Era Bruto, giunto per accompagnare Cesare. "Suvvia, Cesare, tu sei epicurea, non crederai sul serio a queste superstizioni, giusto? I senatori ti aspettano, non vorrai mica rimandare per un sogno?"
"Non ascoltarlo, Cesare!" esclamò Calpurnia in lacrime. "Ascolta me, amore mio! Non andare!"
Cesare prese Calpurnia e la baciò.
"Ti amo. Ti amerò sempre. Che il mondo possa condannarmi, che il mondo possa odiarmi … ma io ti amerò per sempre, Calpurnia. Se il mio destino è la morte … io lo accetterò."
Cesare seguì Bruto lasciando Calpurnia in lacrime. Davanti alla curia, Cesare, ordinò alla sua scorta di restare fuori ed entrò da sola insieme a Bruto. Tutti i senatori si alzarono per accogliere la dittatrice e attesero che lei si mise al suo posto. La ragazza, allora, vide avvicinarsi a sé uno dei senatori che le domandò:
"Prima di iniziare l’assemblea volevo porgerti una domanda: qual è il tuo più grande rimpianto?"
"Il mio più grande rimpianto? Una strana domanda … ma perché lo chiedi?"
"Molti di noi rimpiangono il passato ma io sono sempre stato convinto della tua lungimiranza e delle tue capacità politiche, le tue riforme hanno reso Roma migliore e hanno portato la pace. Ma tu, che hai creato tutto questo, tu, Cesare, hai qualche rimpianto?"
Lei rimase in silenzio, vide gli sguardi degli altri senatori, tutti erano in silenzio ma notò immediatamente che molti di loro avevano le teste chine ed erano agitati. Ripensò a tutto quello che aveva fatto per raggiungere il potere: aveva fatto accordi con i ricchi; aveva ottenuto un esercito; aveva esplorato terre misteriose e sconfitto popoli barbarici agguerriti; aveva compiuto massacri e schiavizzato gente innocente al solo scopo di raggiungere il suo scopo; aveva affrontato i suoi amici; aveva amato più di ogni altra donna; aveva viaggiato più di ogni altro uomo; infine aveva conquistato il potere.
Sospirò.
Guardò ancora una volta tutti i senatori e rispose:
"Sì. Rimpiango di non essere mai riuscita a diventare l’eroe di Roma che volevo essere. Rimpiango di aver ucciso così tante persone e di aver causato così tanto dolore. Rimpiango di aver ucciso i miei amici e di non aver rispettato abbastanza i miei nemici. Ma … il mio più grande rimpianto è questo. Avrei preferito non essere dittatore a vita … lo so che può sembrare strano, detto da me, ma da lontano sembrava così bella la vetta ma ora che ci sono sopra non mi piace."
L’uomo si chinò e con un sorriso disse:
"Grazie e addio."
"Cosa?"
Cesare venne presa per la tunica e tirata giù dalla sedia con violenza, ricevette la prima pugnalata al collo, la ferita era superficiale e la ragazza seppe difendersi, riuscì a respingere con i pugni i primi attacchi ma alla fine venne circondata e ogni senatore la pugnalò. Cesare cercò di scappare, sanguinante e sfinita, ma loro la afferrarono e la pugnalarono ancora e ancora, e lei continuò a muoversi, a rimanere in piedi, e alla fine scappò verso l’unica via d’uscita e fu allora che vide Bruto, davanti a lei. La ragazza, ferita, si paralizzò nel vedere Bruto. Sorrise. Pensò che lui la volesse aiutare. Si avvicinò, con le mani insanguinante, barcollando, con le lacrime agli occhi e mormorò:
"Bruto … figlio mio …"
Egli prese il pugnale. Cesare spalancò gli occhi. Si fermò. Guardò gli occhi di lui, erano tristi. La mano di Bruto tremava ma lui si avvicinò a lei. Si fermò a pochi passi. Cesare, guardando lui, proferì le sue ultime parole, con dolore e rammarico:
"Anche tu, Bruto?"
Poteva combattere contro tutti ma non contro suo figlio, se anche lui l’aveva tradita allora significava che la fine era giunta. Cesare si avvicinò a lui ed espose il petto. Bruto le diede il colpo di grazia. Cesare cadde a terra come una comune mortale. Quando quel corpo toccò il terreno, Bruto ebbe l’impressione di assistere alla caduta di un colosso. Cesare smise di esistere. Non più una semidea ma solo una donna mortale tradita da coloro che aveva perdonato.
Cesare, così, smise di respirare. Colei che aveva vinto ogni battaglia e che aveva sconfitto ogni nemico, non riuscì a sopravvivere a quei piccoli uomini invidiosi e spaventati.
Cassio, con il pugnale in mano, pronunciò queste parole:
"Mai più una donna. Mai più una donna dovrà mettere piede in Senato. Mai più una donna dovrà dettare legge a Roma. Cesare è stata la prima e sarà l’ultima. Lei ha rovinato Roma, ha distrutto i nostri valori, ha ucciso altri Romani e ha rovinato la Repubblica con le sue idee monarchiche. Che il suo nome venga cancellato dalla storia!"
Folli furono quegli uomini, uscirono vittoriosi urlando che Cesare era stata uccisa aspettandosi l’ovazione del pubblico e invece scoppiò il caos. Bruto, uccidendo Cesare, sperava di aver regalato la libertà e invece diede inizio solo ad un’altra guerra civile che avrebbe portato altra sofferenza.
Che cosa accadde a Cesare?
Tutte le popolazioni, Romani, Greci, Egiziani, Africani ed Ebrei, celebrarono i funerali di Cesare, ognuno secondo le proprie usanze. Cesare venne celebrata. La notte dei suoi funerali ci fu una stella cadente. Quello era il segno che una creatura divina aveva smesso di esistere.
L’ironico fato giocò un pessimo scherzo a Cesare. Marco Antonio, uno dei più fedeli luogotenenti della ragazza, non solo fomentò le ribellioni per avere l’appoggio del popolo ma fece istituire il culto di Divus Iulius che però non era una femmina … bensì un maschio. Fu con questo gesto che Marco Antonio compì l’ultimo tradimento: macchiò la memoria di Giulio Cesare e tramandò la storia di un uomo grandioso invece che della più forte donna Romana che fosse mai esistita.
Ma la famiglia imperiale, della dinastia Giulio – Claudia,si rifiutò di dimenticare la vera Cesare, anche se allo stesso tempo gli imperatori dovettero accettare la figura di Divus Iulius per evitare di accendere vecchie rivalità con il Senato.

Il nome di Cesare lasciò un profondo segno nella storia dell’umanità. Le imprese di questa singola Romana, così grandi da togliere il respiro, furono necessarie per creare un nuovo mondo. Il suo nome divenne un simbolo di potere e di eccellenza, le sue imprese vennero emulate dai sovrani successivi fino al grandioso Napoleone Bonaparte, le sue campagne militari divennero un esempio dell’eccellenza bellica Romana e fu solo grazie a Cesare se la Britannia, la Francia e la Germania poterono essere governate dai più memorabili sovrani della storia.

Così si conclude la gloriosa storia di Gaio Giulio Cesare.