martedì 28 dicembre 2021

[ITA] Capitolo 17 : Asterope

Friedrich e α Specter arrivarono ai piedi di un’immensa arena che ricordava un tipico anfiteatro dell’Antica Roma. Friedrich poté percepire il flusso di energia magica provenire da quel luogo. Era un’energia calda, ma pesante; non era come quella emessa da un magus.
Nessuno dei due sapeva che cosa si sarebbe presentato ai loro occhi una volta varcate le numerose arcate, ma Friedrich, molto più della Servant, era costantemente sottoposto alla forte pressione di quella imperdonabile ansia. Era un’ansia che lo stava perseguitando sin dall’inizio del viaggio. Era un’ansia che, come una nebbia, offuscava la vista della ragione.
Friedrich aveva bisogno di fermarsi. Non se la sentiva di andare avanti.
«Tutto bene, Master?» domandò α Specter corrugando la fronte.
«Perdonami... è solo che...» Non sapeva cosa dirle. Non aveva idea di come giustificarsi. Una parte di lui, di fatto, sapeva che il suo gesto era del tutto irrazionale.
«Hai paura, Master?»
«Non paura... no. Ansia. È strano, vero? Ho già partecipato ad una guerra simile, eppure continuo a provare questi sentimenti...» Friedrich si sedette sulla strada. «Perdonami, mi prendo una pausa.»
«Nessun problema.» Specter si accomodò vicino a lui.
«Non mi sono immunizzato. Mi sarebbe piaciuto essere come una roccia, ma ancora non mi sono abituato a queste situazioni. È davvero fastidioso. L’ansia è sgradevole. Mi piacerebbe essere una persona gelida e agire in maniera razionale in ogni momento, mi piacerebbe davvero tanto essere come una freccia che colpisce sempre il bersaglio. Ma non lo sono...»
«Questo è un bene» disse lei sorridendo. «Le persone fredde possono essere più pericolose di quelle sentimentali.»
«Lo dici tanto per dire—»
«No. Io so quello che dico. Ho visto, con questi occhi, quello che accade quando una persona sceglie di rinunciare ai sentimenti. Che i sentimenti siano negativi o positivi non ha importanza, ciò che conta è la loro esistenza. Non c’è niente di peggio della vuotezza.»
Friedrich non disse niente, era rimasto come incantato da quelle parole.
«Ho detto qualcosa di strano?» domandò lei inarcando le sopracciglia.
«No, no... è solo che... non mi sarei mai aspettato dei simili ragionamenti da un demone.»
«Dovresti ringraziare Glasya per questo.»
I suoi occhi si accesero. «Glasya-Labolas? L’hai vista? Come sta? Ti ha parlato di me?»
«Lei sta bene, Master, e pensa sempre a te. Vuole rivederti e forse, un giorno, accadrà. Ne sono sicura.»
Lui sorrise e una lacrima attraversò la sua guancia.
«Master...?»
«Perdonami... è solo che... sono felice che lei sia viva.»
«La ami ancora?»
«Non ho mai smesso di amarla. Ogni fibra del mio essere desidera incontrarla di nuovo... quando lei non c’è è come se una parte di me fosse morta.»
«Visto?» fece lei poggiando un mano sul ginocchio di lui. «Non bisogna mai rinunciare ai sentimenti. L’ansia che provi può essere pericolosa, ma l’amore per Glasya ti darà la forza per andare avanti. Fidati di me.»
«Hai ragione.» Friedrich si alzò. «Devo combattere per lei. Un giorno la rivedrò... e voglio essere vivo per allora.»
«Questo è lo spirito giusto!» Specter diede una pacca sulla spalla al Master. «Però... c’è una cosa che vorrei dirti» fece con un tono un po’ più cupo.
«Dirmi cosa?»
«Questo posto... Adocentyn... credo di averlo già visto in un lontano passato. Non ci sono mai stata dentro, ma sono sicura di aver già visto quell’obelisco e questi anfiteatri. Ma, cerca di capire, non l’ho visto in questo mondo... ma in un’altra dimensione.»
«In un’altra... dimensione?» Friedrich si stava preoccupando. «Dove?»
«Gli angeli, i demoni e le divinità vengono da universi chiamate Realtà Gemelle, ovvero intere dimensioni identiche alla vostra, la Dimensione Antropocentrica, e, nella maggior parte dei casi, vivono una vita che tu potresti definire ‘normale’.»
«Quindi?»
«Beh, tu sai come sognano gli angeli e i demoni?»
Friedrich scosse la testa.
«Quando dormiamo, le nostre menti entrano nel Giardino Profondo. Si tratta di una Dimensione Specchio, ovvero di una realtà minore nella quale non si può entrare con il corpo. La materia non esiste in questa dimensione e solo le menti vengono tradotte al suo interno. Il Giardino Profondo è come il cielo stellato, ma le stelle sono le menti... al suo interno è anche possibile trovare le idee e i sogni, entrambi hanno aspetti luminosi e anche nebulosi.» Fece una breve pausa. «Tutte le menti si dispongono in modo tale da formare disegni floreali di vario tipo. È un spettacolo che non ha molti eguali.»
«Quindi che cosa hai visto?»
«Adocentyn. Era lì. Da sola. Fuori da ogni formazione, ma abbastanza grande da averne una propria.»
«Ed era come questa città?» domandò lui.
«Sì. Ma non era fisica, era come un’idea che vagava in quel luminoso universo di menti. Ma non era un’idea vaga... era chiara, come un sogno ad occhi aperti.»
«Non capisco quale sia il problema in ciò.»
«Le menti, i sogni e le idee umane non possono neanche avvicinarsi al Giardino Profondo e, se ci riescono, la loro presenza è debole, come una candela in procinto di spegnersi. Mi rendo conto che siano cose complicate, ma—»
«Cosa credi che significhi? Insomma, cosa succede se Adocentyn è apparsa nel Giardino Profondo?»
«Non ne ho idea, in realtà. So solo che quella fu un’anomalia... una pericolosa anomalia. Vorrei che tu stessi attento, tutto qui. Non conosco questo posto, non so perché è stato costruito, ma so che va al di là del comune misticismo umano.»
Friedrich rimase senza parole. Non aveva nessuna conoscenza in merito al Giardino Profondo o al modo in cui i demoni percepivano alcune realtà, ma il fatto che Specter fosse impensierita era abbastanza per farlo preoccupare.
I due avanzarono fin dentro l’anfiteatro. Un magro rumore mise in allerta Friedrich, il ragazzo vide sollevarsi una barriera magica che circondò l’arena. Né lui e nemmeno Specter potevano più uscire.
Friedrich alzò la testa e vide che quella barriera si estendeva fino al cielo. «Strano» disse.
«Perché?»
«I campi magici di forma sferica sono quelli più facili da mantenere, questo lascia il cielo scoperto. È una cosa insolita e anche dispendiosa per un magus.»
Friedrich, allora, si accorse della presenza di altre due persone: Valfredo Otto Herrmann e ω Assassin.
«Chi non muore si rivede...» disse Valfredo con un’espressione dura. «Finalmente ci incontriamo, mio vecchio amico.»
«Non siamo amici, Valfredo, non più» asserì Friedrich grave.
«Eravamo entrambi discepoli di Sigwald Stein...»
«Giochi quella carta con me? Pensavo che fossi più furbo. Sappiamo entrambi perché egli si tolse la vita—»
«Fammi indovinare: colpa della casata Richter?»
Friedrich sospirò. «Hai intenzione di proteggerli fino alla fine, eh? A quanto pare sono stati molto bravi a comprare la tua lealtà, un uomo senz’anima ha un valore che può essere contato solo in monete.»
«Disse il traditore—»
«Sì, sono un traditore, ma almeno ho una mia dignità. Tu che cos’hai? Sei solo un burattino della casata Richter.»
«Io non sono un burattino, Friedrich. Io sono io. Ho scelto volontariamente di aiutare la mia famiglia e anche Alda. Sai perché? Perché io so che cos’è la lealtà. Io rispetto i Rote Mäntel, rispetto le nostre usanze e rispetto l’autorità. Tu, invece, sei un ingrato irrispettoso. Dov’è la tua gratitudine per i Rote Mäntel? Hai ringraziato il tuo defunto insegnante con il tradimento—!»
«Non osare!» gridò Friedrich. «Non devi osare parlare di lui. Non ne hai il diritto. Tu, Valfredo, tu lo hai abbandonato nel momento del bisogno! Tu hai accettato di farti comprare dalla casata Richter e ti sei lasciato alle spalle l’amore paterno che quell’uomo ti aveva mostrato. Non parlarmi di gratitudine, tu non la conosci neanche!»
«Mi ferisci, Friedrich, ma posso accettare che le cose fra di noi siano cambiate fino a questo punto. In realtà non era mia intenzione affrontarti, avrei preferito lasciare questo compito ad Alda.»
«Quindi anche lei è qui. Ti sei portato la famiglia, eh? E dimmi, come sta la tua cara sorellastra? Ha trovato un nuovo insegnante con cui scopare?»
«Sei davvero uno stronzo, lo sai? Soprattutto considerando che hai ucciso Herbert Schmidt—»
«Io non ho ucciso nessuno. Tu mi conosci—»
«Ti sbagli. Io ti conoscevo, ora non so più chi sei. Per quanto ne so, il tradimento può dare alla testa. Probabilmente hai ucciso Herbert solo per sentirti meglio con te stesso.»
«Queste sono cose che faresti tu, non io. Mi fa piacere che il lavaggio del cervello abbia avuto successo, ma non mi va di perdere tempo in stronzate. Levati di torno, Valfredo, o ti costringerò.»
«Ma hai visto il mio Servant? Ti sembra che io sia qui soltanto per parlare? No, Friedrich, sono qui per combattere.»
«Quindi è a questo che vuoi arrivare? Sei davvero un bravo cagnolino, Valfredo. Chiamami quando sarai promosso a poggiapiedi.»
«Non hai perso il tuo senso dell’umorismo, ne sono lieto... ma non scherzerai tanto quando ti avrò ucciso.»
I due si avvicinarono, erano entrambi pronti a combattere.
In quel momento, il centro dell’anfiteatro si illuminò di azzurro e comparve, sul pavimento, un’iscrizione in greco.

Ἀστερόπη

La voce Vergil risuonò nelle menti di tutti i presenti:
«Asterope. Una delle figlie di Atlante e di Pleione.» Vergil comparve al centro dell’arena. «Ditemi, siete pronti ad ammazzarvi a vicenda per ottenere il Graal?»
«Deduco che tu sia Vergil...» disse α Specter preoccupata.
«Sì, esatto. Il mio nome è Vergil, signorina demone, e sono colui che ha organizzato questa splendida guerra!»
«Sarai contento, quindi» asserì Friedrich brusco.
«Abbastanza. Tuttavia sarei molto più soddisfatto se vi ammazzaste a vicenda. Dopotutto, se non erro, è così che funziona in una Guerra del Sacro Graal, giusto? Ci si ammazza a vicenda solo per ottenere un oggetto in grado realizzare qualsiasi desiderio.»
«Stai giocando ad un gioco pericoloso, Vergil» dichiarò Friedrich.
«C’è un problema, però, carissimo: io non sto giocando» disse con un ghigno demoniaco. «Qui, niente è un gioco. Fa tutto parte del mio destino e, per estensione, del vostro. Voi due, adesso, combatterete e, che vi sia chiara una cosa, non potete abbandonare questa arena se uno dei due non muore.» Concluse: «Buona fortuna, che viva il migliore.»
Vergil scomparve come un fantasma lasciando i due Master faccia a faccia.  Per due minuti interi il silenzio fu sovrano.
Valfredo fu il primo a colpire. «Feuerwolf» esclamò.
Friedrich sapeva che era poco furbo rimanere fermi contro quelle bestie evocate e quindi, dopo aver ordinato alla Servant di eliminare ω Assassin, fuggì dal lupo di fuoco.
«Sai una cosa, Valfredo? In queste situazioni si capisce chi è il dilettante e chi è l’esperto.»
Friedrich si trovò davanti ad un’alta parete. Fece un salto, una breve corsa sul muro e si aggrappò al bordo; con un altro salto raggiunse le vuote postazioni per gli spettatori. Il lupo di fuoco, ovviamente, riuscì a raggiungere Friedrich con un solo balzo, ma il ragazzo continuò a correre.
«Se io fossi stato inseguito da un comune lupo, sarei già morto. I lupi sono più veloci di un essere umano, ma questa creatura di fuoco non è un lupo... è solo una copia. Non ha muscoli, ma allora come fa a muoversi?» Friedrich si fermò. Si girò. Il lupo di fuoco era sul punto di azzannarlo, ma scomparve improvvisamente. «Usa il mana.»
Valfredo era confuso. «Come hai fatto a...?»
«Non hai mai ascoltato le lezioni di Sigwald Stein, eh? Maggiore è la distanza fra te e il lupo evocato, maggiore sarà la dispersione di mana. Movimenti complessi richiedono mana e le creature evocate hanno bisogno di stare nelle strette vicinanze dell’evocatore. Questi non sono Servant, ma solo famigli. Se tu li lasci da soli... allora diventano fragili come foglie d’autunno.»

Nel frattempo i due Servant stavano combattendo fra di loro. La lama ricurva di α Specter si muoveva velocemente, ma nessun attacco riusciva a rompere quella specie di scudo invisibile che proteggeva ω Assassin. La donna tentò di attaccarlo da ogni angolazione, ma Assassin non venne mai ferito. Neanche una volta.
Non appena l’offensiva di Specter si esaurì, un attacco impercettibile la fece volare a terra. La donna demoniaca si rialzò immediatamente e venne colpita una seconda ed una terza volta. C’era qualcosa di invisibile che la stava colpendo, ma lei non riusciva a capire di che cosa si trattasse.
Non poteva essere qualcosa di magico, la sua classe le donava un’elevata resistenza alla magia; quindi quegli attacchi erano normali. Specter, dunque, avvolse la propria arma nelle fiamme blu e, con il massimo della rapidità, attaccò l’avversario; la lama non perforò la barriera. La donna fece un salto all’indietro, ma venne colpita comunque e cadde a terra.
«Quindi sei protetto dal tuo Noble Phantasm...» mormorò α Specter.
Il demone, dunque, usò la sua abilità per creare un territorio magico.
Assassin si trovò all’interno di questa zona dentro la quale l’avversaria aveva un vantaggio, ma lui non si lasciò prendere dal panico e continuò ad attaccare. Specter, all’interno di quel territorio, godeva di una maggiore resistenza fisica e quindi non venne travolta dall’offensiva di Assassin.
«Credi di potermi sconfiggere?» domandò l’uomo con un ghigno malefico.
«Io non credo, io so.»
«Sei un’idiota, allora... non puoi uccidere uno come me!»
La risata maniacale di Assassin venne seguita da un anomalo indebolimento del territorio magico creato da Specter. La donna, anche se preoccupata, non si lasciò perdere l’opportunità di attaccare l’avversario.
Il colpo venne fermato nuovamente, ma stavolta c’era qualcosa di diverso: la lama era più vicina ad Assassin. Questo significava che quella specie di scudo invisibile si era, probabilmente, indebolito. Specter afferrò l’occasione immediatamente e, con un movimento rapido, calciò la testa dell’avversario; Assassin cadde a terra. Non appena l’uomo si rimise in piedi, pronto a contrattaccare, venne ferito alla pancia dalla lama di Specter.
«Puttana...!»
«Ti voglio bene anche io» disse con un sorrisetto.
Specter si preparò a sferrare un altro attacco, ma qualcosa la prese dalla gamba e la lanciò contro la parete.
Il territorio magico scomparve.
«Ahah! Ho vinto io!» esclamò ω Assassin. «A quanto pare sono riuscito a distruggere la tua unica carta vincente.» La ferita si rigenerò. «E adesso sono pronto ad ucciderti.»
«Mani invisibili, eh?» fece Specter rialzandosi. «Quindi è questo il trucco.»
«Non è poi tanto diverso dalla creazione di territorio magici, no? Ovviamente non c’è zona magica che possa imprigionarmi. Tutte le gabbie vengono distrutte dal mio Noble Phantasm.»
«Beh, sono costretta a farti i complimenti... sei un avversario abbastanza forte, ma non vincerai questa battaglia.»
«Staremo a vedere—»
Assassin non ebbe il tempo di finire quella frase che Specter lo aveva già attaccato; l’uomo poté contare nuovamente su quella impenetrabile difesa. Il vantaggio venne nuovamente consegnato ad Assassin e Specter fu costretta a rimanere sulla difensiva.
«Sei morta!» esclamò l’uomo con una risata.
Una di quelle mani invisibili afferrò e ruppe il braccio destro di Specter.
«Ora vediamo se giocherai ancora con quella tua arma ridicola!»
Specter venne colpita per ben quattro volte e, alla fine, venne scaraventata a terra con forza.
«Pensavi davvero di essere più forte di me? Non farmi ridere! Io non posso essere sconfitto da una inferiore creatura demoniaca!»
«Sei... davvero fastidioso... ω Assassin...» Il braccio di Specter si rigenerò. «Meno male che il mio Master ha molto mana... mi chiedo se la stessa cosa valga per il tuo. Ti stai divertendo un sacco, non è così? Provi gioia nell’uccidere, si capisce, ma non sei un professionista... sei solo un dilettante.»
«Cosa?! Come ti permetti—?»
«Se tu fossi stato un vero sicario, un esperto, mi avresti già uccisa... ma sei lì a vantarti e a ridere come un demente. Sei come un adolescente che finge di essere un esperto di sesso solo perché ha appena imparato a masturbarsi... sei davvero patetico.»
«Impudente puttana! Non ti permetto di parlarmi così—!»
«Smettila di parlare, Assassin, e facciamola finita.»
«Vuoi morire? E allora muori!»
L’attacco di Assassin mancò il bersaglio.
Specter afferrò l’arma e iniziò a correre verso l’avversario.
«Muori! Muori! Muori! Muori!»
Gli attacchi di Assassin non riuscivano più a colpire la donna, lei era riuscita a fargli perdere la concentrazione e ora lui attaccava casualmente.
«Muori, maledizione!» urlò lui.
Specter fece un salto e giunse davanti ad Assassin.
«Scacco matto» disse lei.
Specter menò il fendente. Assassin si allontanò. La lama tagliò il braccio di lui.
«Sei morto, ω Assassin!»
La donna si preparò a infliggere il colpo di grazia, ma si fermò. Qualcosa, sotto la pelle dell’uomo, si stava muovendo.
Valfredo aveva usato un Sigillo del Comando per ordinare al proprio Servant di usare il Noble Phantasm... questo spiegava il terrore negli occhi di ω Assassin.
Il Servant iniziò ad urlare dal dolore. Si contorse dalla sofferenza e iniziò a tossire sangue. Tutto il suo corpo era attraversato da insoliti movimenti che dilaniavano i suoi muscoli e spaccavano le sue ossa. L’uomo cadde a terra gridando e piangendo. Poi, quell’espressione di dolore si deformò in un sorriso mostruoso... l’uomo si alzò e si mise a ridere con le lacrime agli occhi.
«Ammira! Ammira, α Specter! Ammira la mia maledizione! Furie (Le Fameliche Bestie dentro la mia Testa e il mio Cuore)!»
Dal petto uscirono poche gocce di sangue che poi divennero fiumi rossi senza fine. L’uomo tirò indietro la schiena e anche il capo, si udì un rumore come quello di ossa che si rompevano. Zampilli di sangue dal torace vennero seguiti da risate di gioia.
Poi un grido bestiale.
Sembrava il verso di una iena, ma molto più terribile.
Il corpo di Assassin, attraversato da convulsioni, continuava a sputare sangue e allora, dal petto, fuoriuscì una mano rossa. Seguì un braccio e poi comparve una figura femminile anonima, liquida, fatta di sangue dalla testa ai piedi. Uscì una seconda creatura delle stesse fattezze. Poi una terza.
Specter si trovò davanti a queste tre figure mostruose che stavano fluttuando e che non avevano né occhi né naso... ma solo una larga bocca.
«Le Erinni...» disse Specter preoccupata. «Ora capisco... questa è l’origine del tuo Noble Phantasm... tu sei il Matricida... Oreste.»
Le tre creature gridarono all’unisono. Il suono era così forte e doloroso che Specter e i due Master furono costretti a tapparsi le orecchie per non perdere l’udito. Ma anche con le mani davanti ai timpani il suono si poteva sentire.
Quel fortissimo grido era condito da terribili pianti, risate di infanti e sussurri distanti. Ascoltarlo significava siglare un patto con la pazzia. Era un urlo costante, battente e pressante. I più semplici movimenti diventavano difficilissimi; le gambe e le braccia si intorpidivano e restare in piedi era impossibile.
Friedrich sentiva la sua testa appesantirsi, era come se qualcosa la stesse schiacciando. Si girò e vide che Valfredo, stava barcollando come un morto vivente; cadde a terra poco dopo.
«Che idiota...» disse Friedrich. «Non aveva idea di quale fosse il potenziale di questo Noble Phantasm... praticamente è come un suicidio...!»
Egli alzò il capo e vide che anche Specter era sul punto di cedere. Friedrich, allora, decise di usare un Sigillo del Comando per rafforzare la Servant.
Specter sentì il suo corpo venire attraversato da una nuova energia e, poco alla volta, riuscì a rimettersi in piedi. Con tutta la sua forza, la donna, menò un fendente e colpì le tre creature di sangue. Non le uccise, ma fece cessare, temporaneamente, quel terribile urlo.
«Adesso basta stronzate, Oreste, ora ti mostro come combatte un gran marchese infernale!»
Specter lanciò la sua arma a terra  Il corpo della donna venne avvolto da fiamme blu. Da quel fuoco sorse un gigantesco lupo demoniaco coperto da un pelo nero come il carbone. La bestia aveva due immense ali scheletriche abbracciate da fiamme celesti, i suoi occhi erano di ghiaccio e le sue zanne erano macchiate di sangue. Questo mostro infernale aveva un collare di ferro abitato da aculei adornati con teschi. Questo lupo, di almeno sei o sette metri, ruggì:
«Marchocias (La Bestia Infernale Alata)!»

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