venerdì 19 novembre 2021

[ITA] Capitolo 11 : Ex abrupto

«Hai visto anche tu quella luce?» domandò Ina spaventata.
Alessandro si stava preparando per partire e, vedendo la ragazza varcare la soglia dell’abitazione con quel modo di fare agitato, si preoccupò. Da quando erano arrivati ad Adocentyn, la tensione era salita alle stelle senza mai concedere al ragazzo un momento di pausa. Si sentiva costantemente sotto pressione e le reazioni di Ina non facevano che aumentare il carico sulle sue spalle.
«Ti è successo qualcosa?» chiese Alessandro, nascondendo la sua ansia.
«No, no... è che... quella luce... scusa, non l’ho vista solo io, vero?»
«No, ma non mi sembrava nulla di pericoloso» rispose Alessandro continuando a mettere del cibo nello zaino.
«Scusa se te lo chiedo... ma...ehm... stai bene? Mi sembri un po’ troppo... calmo.»
«Sto cercando di non lasciarmi prendere dall’emozione, tutto qui. Dovresti farlo anche tu. Spaventarti per ogni singola cosa non ti aiuterà a—» Si fermò. Capì che si stava comportando in maniera troppo rude. «Cioè, fai bene ad essere cauta, ma... non lasciarti controllare dalle emozioni.»
«Mi dispiace» fece lei abbassando gli occhi. «Scusami, davvero... è solo che è tutto così difficile e non so cosa fare o come comportarmi. Non so che cosa è normale e che cosa non lo è.»
«Lo comprendo» disse sorridendo. «Non mi aspetto che tu sia una roccia anzi— lascia stare. Ora dobbiamo solo trovare una via d’uscita.»
«Credi che ci sia?»
«Ci deve essere.»
Cesare apparve e, con un atteggiamento regale, si accomodò sopra il tavolo e, incrociando le gambe, affermò:
«Quindi, Commilitone, hai intenzione di dirmi qual è il tuo piano oppure no?»
«Tu che dici, Cesare? Ti sarai già fatta un’idea su questo posto...» Si mise lo zaino in spalla.
«Mm... beh, non c’è nulla che mi sia particolarmente familiare in questa città, forse c’è qualche eccezione ma in generale non ho mai visto nulla di simile. Devo encomiare le persone che hanno progettato la città, sul serio, sembra un vero e proprio labirinto.»
«Per te è una cosa positiva o negativa?»
«Dipende. Può essere usato a nostro vantaggio, ma può anche essere il nostro più grande svantaggio. In guerra, ogni terreno nasconde le sue insidie... tuttavia credo che in questo specifico caso sia tutto molto più complicato. Non siamo in un luogo naturale e nemmeno in una città comune, questa è la tana del lupo—»
Apparve Ottaviano. «Oppure la casa di una divinità. Ho visto la luce di cui parlava la mia Master, non ho mai assistito a nulla del genere in tutta la mia vita. Ho percepito una forte energia magica. Probabilmente il nostro nemico possiede dei poteri—»
«Ottavianuccio, senti,» disse Cesare «non è che potresti tenere le superstizioni fuori da questa conversazione? Non c’è alcuna divinità, si tratta solo di un magus.»
«Hai visto la luce, mamma? Quella luce è la prova che ci sono dei poteri divini in gioco.»
«Lo sai perfettamente che esistono forme di magia che si mascherano molto bene. Non c’è niente di divino.»
Ina, confusa dalle parole di Cesare, intervenne nel modo meno ostile possibile e domandò:
«Ma... tu credi nelle divinità?»
«Certamente» esclamò alzando le spalle. «Io credo nelle divinità, io stessa discendo da queste. Tuttavia non sono superstiziosa e non credo che le divinità possano sempre essere coinvolte nelle questioni mortali. Esse non hanno interesse nelle nostre faccende.»
«Tuttavia,» intervenne Ottaviano «le divinità possono fare quello che vogliono e, con molta probabilità, hanno dato al nostro nemico dei poteri miracolosi.»
«State calmi,» disse Alessandro «non c’è nulla da temere. Conosco molto bene Adocentyn. Nel ‘Picatrix’ viene detto che c’erano delle luci che illuminavano la città come quella che avete appena visto. Non è una cosa pericolosa e non c’entrano le divinità.»
Cesare, sentite le parole del Master, sollevò un sorriso trionfante e, baciando la guancia di lui, affermò:
«I vantaggi di avere un Commilitone che ha la testa da sapiente.»
Ina, tuttavia, non era ancora convinta e domandò scettica: «E, scusami, che cosa sa-sarebbe? Una sorta di... ehm... faro?»
«Non saprei dirlo con esattezza» rispose Alessandro. «Probabilmente il suo scopo era catalizzare il potere delle stelle o roba del genere. Nel ‘Picatrix’ non viene mai descritta la sua esatta funzione. Quindi, cerchiamo di non agitarci, va bene?»
«Scusami, è solo che...»
«Non ti preoccupare, Ina, va tutto bene.»
I due Servant notarono immediatamente il modo in cui Alessandro guardava la ragazza. Cesare fu la prima a fare un commento e lo accompagnò con un sorrisetto accorto:
«Ti preoccupi tanto per la giovine fanciulla, eh?»
«Che...?»
Dunque arrivò Ottaviano che, abbracciando il ragazzo in modo mascolino, affermò:
«Bravo ragazzo! Ogni bravo Romano deve prendersi cura delle donne. La mia dolce e fragile Master può ricevere tutto l’amore romantico e fisico di cui disponi.»
«Eh?!» Alessandro era allibito.
«Ahah! Giusto, giustissimo!» esclamò Cesare, avvinghiata al braccio del ragazzo. «Farai tante porcate orientali con lei, non è così? Mi piace. Lo farete come le Egiziane? Uuh, adoro le prostitute d’Egitto...»
«No, no! Niente prostitute» affermò Ottaviano con tono solenne. «Lui la sposerà e sarà un marito fedele fino alla morte. Meglio porre un freno alla libidine.»
Cesare spalancò gli occhi dallo stupore. Era come se avesse appena visto un fantasma.
«Ottavianuccio caro, ma che stai dicendo? Mi sembri Cicerone!»
«Sto solo dicendo che quando questo ragazzo avrà reso la mia Master una donna, lei e lui saranno destinati a stare insieme per sem—»
«Quella è una possibilità, ma può sempre farsela e poi passare alla prossima e poi a quella dopo e poi—»
«Ma non ha senso vivere nella libidine! Bisogna rispettare i costumi di Ro—»
«Ma per le palle di Giove! Mi viene il mal di testa solo a sentirti parlare, Ottavianuccio!»
Alessandro vide Ina diventare rossa come un peperone, sembrava essere sul punto di esplodere e si nascondeva dietro la sciarpa. Il ragazzo sospirò e, infastidito dall’immaturità dei due Servant, esclamò ad alta voce:
«Basta. Tutti e due. Potete evitare di fare i bambini? Abbiamo una guerra da combattere e non possiamo perdere tempo con questi giochetti.»
Il ragazzo si allontanò dai Servant e raccolse le ultime cose per la partenza. Cesare non la prese sul personale, si era abituata ai rimproveri del suo Master, ma Ottaviano, ferito nel suo orgoglio imperiale, si mise davanti ad Alessandro e domandò:
«Vedo che sei bravo ad alzare la voce con un imperatore, ma non sei stato così sveglio da spiegarci perché siamo ancora qui. Abbiamo tardato a lasciare questa... modesta abitazione e tu non ci hai detto perché.»
«Prudenza» rispose a sangue freddo.
Alessandro procedette verso l’uscita.
«Ieri la mia povera Master ha dovuto rifare quella strana pratica degli Orientali a causa della tua ‘prudenza’.»
Ina esclamò tempestivamente: «No... aspetta... no-non farlo sembrare come un problema. Non lo è stato, giuro!»
Il ragazzo sospirò. «Non importa, ora è il momento di andare. Per sicurezza consiglierei a tutti e due di scomparire in modo da farci risparmiare energia magica e anche per avere un vantaggio strategico.»
Quando l’abitazione venne abbandonata, il ragazzo iniziò a domandarsi quanto fosse giusto fare da scudo ad Ina. Una parte di lui era conscia di stare agendo in maniera abbastanza egoistica, ma cos’altro poteva fare? Egli sapeva di essere responsabile della condizione di Ina. Era stato lui a trascinarla, involontariamente, nella Guerra del Sacro Graal e non poteva permettersi di lasciarla morire.
Alessandro e Ina camminavano fianco a fianco e lei tendeva a stare molto vicina a lui, si capiva che era impaurita e anche estremamente fragile. Lui sospirò, non per il fastidio ma per l’ansia; temeva di perderla... temeva di non riuscire a proteggerla da Vergil. Gli occhi di lei erano sempre rivolti verso il basso, le sue movenze più semplici indossavano una remissività che scatenavano in lui una forte pena.
«Comprendo i miei limiti...» mormorò Ina. «Ma ti prometto che migliorerò.»
«Perché?» domandò affranto. «Perché vuoi migliorare? Per fare cosa? Tu hai troppi legami con la tua vita umana, non sei adatta ad essere una magus. Guarda quello che è successo a tua zia... vuoi che accada anche al resto della tua famiglia? Scommetto che hai dei cari a cui tu vuoi bene, non credo che tu voglia rinunciare a tutto solo per—»
«Stare con te...?»
Vi fu un prolungato momento di silenzio. I due si guardarono negli occhi. Lo sconcerto era dipinto sullo sguardo di Alessandro. La ragazza si rese conto più tardi di aver parlato troppo liberamente e, presa dall’agitazione, esclamò:
«Scusa, lascia stare. Stavo solo—»
«Non dirlo mai più» disse grave. «Non c’è ragione di stare con me.»
«Ma—»
«Ina» disse quel nome con due occhi di rimprovero. «Non farlo.»
Alla prima curva, Alessandro ebbe l’impressione di sentire dei passi provenire da dietro un edificio. Percepì dell’energia magica e fermò Ina. Il ragazzo schioccò le dita ed esclamò:
«Adversarium Ferio
La spinta magica distrusse la porta di un edificio, stroncando anche la parete. I due Servant apparvero e si prepararono alla battaglia.
Alessandro si guardò attorno alla ricerca del nemico, ma non c’era nessuno. Ina, che era alle spalle del ragazzo, ebbe l’impressione di vedere del movimento ed esclamò:
«Di là!»
Alessandro si girò immediatamente e si preparò ad usare l’ennesima magia, ma la lama di Henry Allison era già ad uno sputo dalla sua gola. L’intervento di Cesare fu fulmineo, le due spade si scontrarono. Henry si allontanò, Cesare lo seguì e menò un fendente che si scontrò con una barriera magica invisibile.
«Che diavoleria è mai questa?!»
«Saber, allontanati!» esclamò Alessandro.
«Perché?»
«Non c’è bisogno di combattere questo tizio, non è un Servant e non è nemmeno un Master.»
«Cosa?! Ma allora cosa ci fa qui?» domandò Cesare confusa.
«Non lo so, ma ho intenzione di scoprirlo.» Si rivolse al suo assalitore: «Chi sei tu?»
«Henry. Henry Allison. Piacere di conoscerti, magus. Come sei riuscito a capire che non sono un Master?»
«La spada e la tua energia magica. La prima è uno strumento po’ troppo barbarico per un magus, la seconda è così bassa che non sapresti neanche lanciare una palla di fuoco. Hai appena 50 Circuiti Magici, il minimo
«Sei bravo, cocco. Forse appartieni alla Congrega? Solo quelli della Congrega sono in grado di percepire l’esatto numero di Circuiti Magici di un magus.»
«Lavori per loro o...?» domandò confuso.
«No, il mio lavoro è cacciare quelli come te. Io uccido i magi a pagamento—»
«Un magus cacciatore di taglie? Un amico di Murakawa Tetsuya, forse?»
«Tetsuya...? Mm... quel nome non mi è nuovo, sai? Ma tu chi sei?»
«Alessandro Serpi.»
«Serpi? Hai per caso preso parte alla Guerra del Sacro Graal di Yggdrasil che è avvenuta a Londra?»
Lui non rispose.
«Lo prendo come un ‘sì’. Quindi, carissimo, spero che tu sia pronto a combattere.»
«Non sei costretto a farlo, lo sai? Io non voglio uccidere nessuno.»
«Vuol dire che sarà più facile per me—»
«Tuttavia ti farò del male se tu non te ne andrai. Desisti finché puoi, Henry.»
«Non credo che lo farò.» Henry puntò la spada verso Alessandro. «Questa è una questione di lavoro. Devo uccidere voi magi e lo farò, costi quel che costi.»
«Bene.» Alessandro si tolse lo zaino e lo lanciò a terra. «Allora ti farò male.»
 
'Proteggere ciò che è fragile' di BikoWolf
 
 
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