Thursday, October 20, 2022

[ITA] Capitolo 26 : Elettra

Lo sguardo di Vergil nuotava nel panorama di Adocentyn. I suoi erano occhi innamorati, follemente innamorati, e l’uomo che stava a pochi passi dal trono non riusciva ad afferrare il motivo di tale sentimento; per lui, quella era solo una vecchia città. Ma Vergil guardava quel panorama urbano millenario con gli occhi di una madre davanti al figlio appena partorito, le pupille e i sottili sorrisi accarezzavano gli edifici, coccolavano Adocentyn con un forte affetto materno.
L’uomo vicino a Vergil non era fisicamente lì; era solo un ologramma creato con la magia. Si trattava di Amadeus Veliki, un rappresentante del Nuovo Ordine di Nidhogg nonché il cofondatore dell’organizzazione. Era un uomo alto, robusto, con un volto dai lineamenti duri e l’espressione di un militare appena uscito dal campo di battaglia. Vestiva in maniera elegante, ma si capiva che detestava la giacca e la cravatta e che avrebbe preferito una tenuta militare ed un fucile.
«Sta procedendo come avevi pianificato, Vergil?» domandò Veliki incuriosito.
«Alcuni altari hanno assaggiato il sangue dei Master, ma non tutti... tuttavia le cose cambieranno. Ben presto Nidhogg tornerà su questo mondo e realizzerà il mio desiderio. Bisogna solo avere pazienza, Amadeus... Pazienza...»
«Sono d’accordo, ma...»
«Ma?»
«Il ragazzo... Alessandro Serpi...»
«Non ti convince?»
«Non ci aiuterà mai volontariamente, lo sai. Solo lui può parlare con Nidhogg, ma se lui rifiuta... tutto ciò che hai pianificato sarà vanificato—»
«Qui è dove ti sbagli, Amadeus. Alessandro non accetterà mai di sua spontanea volontà, ma lo farà quando scoprirò le mie carte.»
Veliki allargò gli occhi. «Stai dicendo che il tuo esperimento ha funzionato?!»
«Non te l’ho detto?» Sul volto di Vergil apparve un ghigno derisorio. «Su, su, non rimanerci male. Alla mia età è normale dimenticarsi certi dettagli. Comunque l’esperimento ha funzionato, amico mio, ha funzionato e sta combattendo nella mia guerra. Posso già vedere l’espressione di Alessandro quando verrà a sapere cosa ho preparato per lui.»
«Quindi la vittoria è assicurata...»
«Sì, Amadeus, la vittoria è assicurata. Per tutto questo tempo ho alterato gli eventi di questo mondo, ho messo le mani nella storia stessa e deviato il suo corso... Tutto solo per arrivare a questa guerra, l’ultima che questo piccolo mondo dovrà sopportare. Quando tutto questo sarà finito, un nuovo mondo si mostrerà a noi e l’umanità abbandonerà le sue spoglie ed ascenderà! E finalmente ci sarà una vera Utopia—!»
«E Yukiko?»
La gioia nello sguardo di Vergil si spense in un attimo. «Qualcosa non va, Amadeus?»
«Non ti preoccupa la sua fuga?»
«Dovrebbe?»
«Lei è sempre stata instabile, lo sai perfettamente. Per questo avevo suggerito di eliminarla invece di lasciarla nelle mani della Congrega—»
«Avevi ragione, Amadeus, la sua morte avrebbe giovato la nostra causa, ma non credo che lei possa interferire con il nostro progetto.»
«Ci proverà e lo sai benissimo» esclamò freddamente. «Quella matta egoista farà di tutto pur di realizzare il suo folle sogno. Quando scoprirà le tue intenzioni, si metterà contro di te... contro di noi... e allora sarà difficile sbarazzarci di lei.»
«Me ne rendo conto, amico mio, ma non sono preoccupato quanto te. Una creatura come lei, che desidera solo la distruzione, non è mai stata abbastanza intelligente da comprendere quando era manipolata e quando no. Credi che adesso sia cambiato qualcosa? Credi che mesi di reclusione l’abbiano resa più acuta? No. Cercherà di fermarci, sì, ma una persona come lei manca di intelletto, di immaginazione e alla fine farà un errore che le costerà la vita.»
«Come fai ad esserne sicuro?»
«Alessandro lo ha dimostrato al posto mio. Per questo scelsi lei per la guerra a Londra. Voialtri siete Imitazioni con uno scopo razionale, ma lei è pura irrazionalità autodistruttiva. Lei non ha creatività e non è in grado di combattere per qualcosa di migliore, no, lei combatte solo per il Niente Assoluto. Chi combatte per distruggere manca di volontà, manca di immaginazione e manca di forza. Questa è la verità, amico mio.»
«Quindi non hai intenzione di fermarla?»
«Non ancora. Aspetterò che sia lei a venire da me e sarà allora che la ucciderò.»
Vergil si alzò dal trono e si chinò su un ginocchio come se stesse cercando di cogliere meglio un dettaglio di Adocentyn. Amadeus, confuso, domandò:
«Sta succedendo qualcosa?»
«Sì...» Fece una lunga pausa e poi si alzò. «A quanto pare il giovane Benjamin sarà messo alla prova, stanotte.»
«Intendi il ragazzo che hai raccolto per le strade degli Stati Uniti? Non è esattamente un Master ideale, sarò sincero. Non credo che riuscirà a sopravvivere...»
«Dici? No, io nutro grandi speranze. Certo, è debole, ma è proprio da quella debolezza che può nascere una grande forza.»
«Parli per esperienza personale?»
«Ho servito grandi uomini come Djoser e Amenhotep il Grande, ho visto con i miei stessi occhi fino a dove può condurre la forza di volontà di una persona. Benjamin appare come debole, sì, ma dentro di lui c’è un leone pronto a ruggire.»

«Siamo arrivati?» domandò Benjamin a ω Saber.
Il bagliore della luna tingeva di bianco le strade di Adocentyn. Saber conduceva con un passo costante e sempre scrutando attorno a sé con una ferrea attenzione. Benjamin stava sentendo male alle gambe e la stanchezza stava appesantendo le sue palpebre; gli venne quasi voglia di dormire in piedi.
«Saber, dove stiamo andando? Io non vedo nessun Servant...»
«Sei un magus, dovresti essere in grado di percepire l’energia magica.»
«Non percepisco niente—»
«Questo è un male. Sono sicura che ci sia un Servant da queste parti, non possiamo perdere di vista il nostro nemico.»
I due giunsero ai piedi dell’immensa arena. Benjamin, colpito da una forte preoccupazione, pensò di fare retromarcia e riflettere su una strategia; Saber entrò senza dire una parola.
«Ehi!» esclamò lui. «Cosa fai? Non puoi essere così incauta in una situazione come questa!»
«Master, abbiamo una guerra da combattere ed io sono stanca di aspettare.»
La testardaggine di ω Saber era davvero problematica. Benjamin tirò un sospiro infastidito e seguì la donna senza protestare ad oltranza, ma sapeva che stavano sbagliando.
Non appena i due entrarono nell’arena, una barriera magica sbarrò la strada alle loro spalle. Il ragazzo si accorse subito di non avere alcuna via di fuga e allora si sentì come una lucertola chiusa in una scatola. Voleva fuggire, voleva scappare, ma era chiaro che non c’era niente che potesse fare. Ormai Adocentyn aveva deciso che egli doveva combattere; esitare ad oltranza non avrebbe portato a nulla, ma Benjamin sperava ancora di poter evitare la battaglia.
Saber era contenta. Poteva percepire sulla pelle l’ansia dell’attesa e le piaceva; adorava quel lungo momento di silenzio che anticipava la battaglia, era pane per i denti di quel cuore battagliero. Brandendo la spada, la donna cercò l’avversario con lo sguardo e alla fine vide arrivare Raphael Maillard assieme al suo Servant: ω Lancer. L’uomo, con due occhi tinti di noia, si avvicinò al centro dell’arena assieme al Servant e disse:
«Il Master di un Servant di classe Saber, eh? Un avversario decente, deduco. Si dice che i Servant di quella classe siano i migliori per via della loro naturale versatilità, non saprei dirti quanto sia vero e quanto sia frutto di favole, ma posso assicurarti che non ci andrò piano.»
L’accento francese di quell’uomo, mescolato con quel tono appena arrogante, rese quell’affermazione fastidiosa alle orecchie di Benjamin. Il ragazzo aveva l’impressione di essere davanti ad un borioso aristocratico.
«Allora, Master di Saber, inizi tu o inizio io?»
In quel momento si sentì un tonfo. I due Master si girarono e videro una ragazza assieme alla sua Servant: erano Hetna e α Berserker.
«Tu non dovresti essere qui» disse lei rivolgendosi a Benjamin. «A quanto pare il piano di Vergil sta già mostrando delle falle. Beh, non importa, questo non mi impedirà di fare il mio lavoro.»
«Il tuo lavoro, eh?» L’uomo passò in rassegna sia il giovane Master di Saber che la nuova partecipante. «Non posso crederci che mi toccherà affrontare un’Imitazione.»
«Sei stato piuttosto veloce a notarlo—»
«Pensavi davvero di riuscire a nascondere la tua natura? Mostro. Abominio. Sei solo un errore e sarò lieto di cancellarti dalla faccia di questo pianeta. Chien de Mercure
Un cane fatto di mercurio tentò di azzannare Hetna, ma venne tagliato a metà dalla lama di α Berserker.
«Oh» fece Raphael con leggera sorpresa. «Mossa sbagliata. Avrei dovuto immaginare un intervento da parte della tua Servant.»
«Sei uno sciocco. Pensavi davvero che mi sarei lasciata uccidere da un verme schifoso come te? Berserker, attacca.»
Quella Servant non aveva l’aria di una cattiva persona, in realtà non aveva neanche l’aspetto di una “Berserker”. Le sue fattezze e il suo portamento facevano pensare ad una specie di santa, anche se il vestito rivelante tradiva quella congettura.
Quando la Servant di Hetna iniziò ad avvicinarsi a Raphael, brandendo saldamente spada e scudo, ω Lancer intervenne immediatamente e, con un attacco deciso, colpì la donna. Berserker, che era riuscita a parare il colpo velocemente, venne spinta all’indietro dall’impatto.
I due Servant non si scambiarono neanche una parola. Dopo un lungo minuto di silenzio, la battaglia scoppiò.
I colpi di Lancer, rapidi e determinati, venivano costantemente parati dallo scudo o fermati dalla lama di Berserker. Un colpo dell’uomo prese alla sprovvista l’avversaria, l’attacco venne subito seguito da un fendente rapidissimo; la ragazza si difese con successo e contrattaccò.
Mentre i due Servant erano impegnati in uno scontro all’ultimo sangue, Raphael dedicò la sua attenzione ad Hetna dimenticandosi completamente di Benjamin; lo aveva fatto volontariamente. Di fatto l’uomo non considerava il Master di Saber un degno avversario, quindi per lui non ne valeva la pena dedicare troppe attenzioni ad un dilettante.
«Chien de Mercure
Il mastino di mercurio tentò di azzannare Hetna, ma venne prima evitato e poi tagliato in due da una lama mistica.
«Mm...? Quelle sono spade arabe o sbaglio? Scimitarre, giusto? Sono lieto di vedere che sei una magus con un minimo di gusti. Gli evocatori dilettanti tendono sempre ad avere poca fantasia. Tu non sai quanto sia noioso vedere la stessa spada medievale con l’elsa a forma di croce.»
Hetna non rispose e sparò l’arma mistica verso l’avversario.
«Mi sottovaluti, mostro.» Uno scudo di mercurio si sollevò davanti a Raphael e la lama venne bloccata. «Pensavi davvero di riuscire a sconfiggermi con così tanta facilità? Sei davvero una stupida.»

Benjamin, rimasto da parte assieme a ω Saber, vedeva quegli scontri e capì subito di non essere all’altezza. Non poteva combattere in quel modo e non poteva aiutare la propria Servant a vincere contro dei nemici di quel calibro. Realizzò di essere impreparato, di essere troppo debole per quella guerra. Ma Saber non aveva perso quella determinazione nello sguardo. Si capiva che voleva combattere. Cosa poteva fare Benjamin? Impedirle di gettarsi a capofitto in quella danza mortale? E come? Lui non era forte come lei e non poteva di certo opporsi ad una creatura potente e anche armata di spada.
In quell’attimo gli tornarono alla memoria le parole che il nonno gli disse durante il suo diciottesimo compleanno; gli venne quasi da ridere. Voleva ridere dalla tristezza. Per un solo istante si era illuso di essere ‘speciale’ o di essere persino sulla strada giusta per realizzare il proprio destino, ma non era neanche minimamente vicino alla bravura di quei Master che stavano duellando. No. Lui era debole e loro erano forti. Lui era troppo inesperto, mentre loro erano avanti anni luce rispetto a lui. Pensò di essere stato raggirato, di essere stato illuso da sé stesso... ma non si biasimò, perché sapeva che sarebbe stato inutile ammonirsi per aver creduto, anche per poco, di essere destinato a qualcosa di meglio.
«Il dubbio è pericoloso, Master» disse ω Saber.
«Eh?» fece lui con due occhi amareggiati.
«Più ascolti le parole del dubbio, più incateni te stesso. Devi sempre avere il coraggio di fare il salto e di tentare la sorte, altrimenti l’inazione ti ucciderà.»
«Non posso farlo, Saber, non capisci? Sono troppo debole per—»
«Tu non sei ‘debole’, Master, semplicemente non hai ancora scoperto la tua forza. Quando i Romani invasero la mia terra natale e minacciarono il mio popolo, io non mi lasciai fermare dal dubbio. Sapevo di avere poche probabilità di vincere, ma ho comunque tentato e sono riuscita dove molti avevano fallito. Sai perché?»
Lui scosse la testa.
«Perché io non mi sono mai fermata a riflettere su chi era ‘forte’ e chi era ‘debole’, io ho agito e ho dato tutta me stessa per trionfare. Tu, adesso, vedi loro e pensi di non essere abbastanza potente per riuscire a sconfiggerli. E se ti sbagliassi? Non puoi saperlo se non tenti. L’azione è sempre migliore dell’inazione. Segui il mio esempio!»
Saber, dette queste parole, corse verso la battaglia.
Lancer e Berserker stavano ancora duellando fra loro quando vennero fermati dall’improvviso intervento di ω Saber.
«Mi dispiace interrompervi, piccioncini, ma ci sono anche io.»
«Hai coraggio, te lo riconosco» esclamò ω Lancer.
«Morirai in lacrime, Saber» disse α Berserker con una calma sconcertante.
La donna schivò prima l’attacco di Berserker e poi, dopo aver eseguito un salto, tentò di ferire Lancer. L’uomo, con una incredibile velocità, evitò l’attacco di ω Saber e, facendo roteare la lancia, sferrò una serie di colpi che costrinsero l’avversaria a cambiare approccio.
Berserker, senza onore, tentò di colpire l’uomo alle spalle, ma questo si girò subito e parò il colpo; schivò il fendente di Saber e colpì entrambe le guerriere con la lama della lancia.
«Non morirò in questa battaglia» disse lui. «Ho affrontato Marcomanni, Quadi, Iazigi, Catti, e tanti altri nemici. Nessuno di loro riuscì mai ad uccidermi e così, come loro, anche voi due fallirete. Così è e così deve andare. Sarò io a trionfare.»
Le due guerriere, con un breve lavoro di squadra, attaccarono l’avversario allo stesso momento, ma lui fu in grado di schivare entrambi i colpi e rispose con celerità. Solo α Berserker cadde a terra, ω Saber resistette all’attacco avversario e tentò un contrattacco. Lancer fermò la lama e, muovendo la lancia con maestria, fece perdere l’equilibrio all’avversaria.
«Figlio di—!» Saber si rialzò subito. «Muori, bastardo!»
L’uomo riuscì a schivare la spada ben tre volte di seguito prima di sferrare un attacco che spedì Saber al tappeto.
«Manchi di tecnica. Pompeiano avrebbe detto: ‘Sei fatta di legno come gli alberi, e come un albero cadrai’.»
«Ti piace tanto il suono della tua voce, eh?»
«L’unico suono che preferisco è quello che segue la fine di una battaglia vittoriosa.»
C’era un qualcosa di familiare nel modo in cui quell’uomo si comportava. La nemesi di Saber era simile a lui, in un certo senso. La grande nemesi di Vercingetorige amava parlare, parlare e parlare. Era una persona arrogante, superba, troppo immersa nella propria grandezza per prestare attenzione alla realtà delle sue azioni. Quell’uomo, quel Lancer, era simile a Gaio Giulio Cesare.
«Da dove vieni, ω Lancer?»
«Mm? Credi davvero che rivelerò la mia identità con così tanta facilità?»
«No, non importa. Non credo di aver bisogno di conferme. Ho già intuito che sei un romano.»
«E come sei arrivata a questa conclusione—?»
«I Romani sono tutti uguali: arroganti, egoisti, superbi, egocentrici... Vi sentite al centro di ogni cosa, non avete rispetto per gli altri e credete di essere padroni del mondo. Parli come se fossi un saggio, ma si capisce che hai un’anima romana.»
«Parli come se fossi una nemica di Roma...»
«Lo sono. Io sono sempre stata nemica dei Romani e continuerò ad esserla finché avrò vita!»
«Capisco... Quindi tu sei l’ennesimo barbaro che vuole la testa di un imperatore.» Lancer fece uno scatto in avanti e, con un calcio, fece volare l’avversaria al tappeto. «Ancora una volta, la mia vita è in pericolo a causa di voi bestie. Le vostre anime non hanno conosciuto la civilizzazione e per questo bramate la distruzione e la guerra, ma io porterò l’ordine e la pace. Con questa lama, con il mio spirito, e con il mio cuore io soffocherò le vostre fiamme.»
Lancer si avvicinò all’avversaria, ma non si era accorto che Berserker stava correndo verso di lui. Quando l’uomo si girò, la ragazza lo aveva già disarmato e si stava già preparando a fare un affondo. Lancer, senza perdere la calma, evitò la lama, colpì la nemica con un pugno e, afferrata la lancia, attaccò con forza. Berserker alzò lo scudo velocemente e bloccò la lama solo per fortuna.
«La tua opposizione è inutile. Hai già perso, α Berserker.»
Un calcio fece volare Berserker contro Saber.
«Sia tu che ω Saber morirete in questo campo di battaglia.»

«Corbeau de Mercure!» Raphael Maillard evocò uno stormo di corvi fatti di mercurio.
Le sei spade mistiche, tinte di un colore violaceo, che circondavano Hetna, iniziarono a girare ad alta velocità. Quei volatili vennero fatti a pezzi e, quando l’intero stormo risultò sterminato, quelle lame vennero sparate in avanti. Uno scudo di mercurio protesse Raphael.
«Mi chiedo quante lame tu possa evocare... Però ho come l’impressione che non ci sia un vero e limite a quella tua capacità evocativa» commentò lui.
«Sei perspicace. Sono lieta di sapere che l’AMPM ha dei membri così acuti, l’intera Francia dovrebbe esserne orgogliosa.»
«Risparmiami il sarcasmo, donna, so perfettamente chi sei: un mostro. Voi Imitazioni siete solo mostri, bestie, anomalie, cadaveri parlanti se non fantocci. Appartieni alla stessa razza di quel mostro chiamato Yukiko Kumahira! Guardo te e ciò che vedo è solo l’ennesima bestialità del genere umano!»
Hetna non disse una sola parola, ma evocò diverse scimitarre e le lanciò in avanti. Raphael, davanti a quella pioggia di lame, non fece altro che evocare un triplo scudo di mercurio. Rotto uno, ne rimasero due; rotto il secondo, rimase il terzo, ma le lame smisero di arrivare. Quando l’uomo abbassò lo scudo esibì un ghigno vincente ed esclamò:
«Duecento. Ecco il tuo limite. Ci è voluto poco a costringerti a mostrare le tue carte. Chi l’avrebbe detto, anche voi Imitazioni avete dei nervi sensibili! Ma dimmi, ragazza, pensavi davvero di essere più astuta di me?»
Hetna non rispose, ma non poteva nascondere l’imbarazzo di quella sconfitta, la sua stessa faccia venne attraversata da tinture di sconforto, delusione, e, infine, rabbia. Tanta rabbia.
«Avanti, ragazza, fai la tua prossima mossa. Mostrami quello che sai fare.»
«Esaudirò il tuo desiderio!» Hetna corse verso l’uomo ed evocò due spade. «Bastardo!»
La prima lama venne sparata e Raphael la bloccò con lo scudo di mercurio. Hetna usò la seconda come punto d’appoggio per fare un salto, evocò una serie di lame sulle quali iniziò a correre e poi fece un ultimo balzo per finire davanti all’avversario.
«Dunque...?» fece lui confuso.
«Guardati attorno, saputello.»
Le spade, ancora sospese per aria, avevano praticamente circondato l’uomo. La ragazza schioccò le dita e tutte e trenta le lame vennero sparate all’unisono. Raphael creò uno spesso scudo di mercurio a forma di bolla e si nascose al suo interno per salvarsi la vita. Nessuna delle lame lo ferì.
«Ti nascondi come un verme?»
«Voialtri non avete idea di che cosa sia la strategia, vero? Chien de Mercure
Dalla bolla di mercurio fuoriuscì un mastino. Hetna indietreggiò subito per non farsi mordere e, dopo aver recuperato abbastanza terreno, evocò delle scimitarre per uccidere la bestia. Quando alzò lo sguardo, si rese conto, però, che Raphael non c’era e, dove prima era presente la bolla, c’era solo una pozzanghera di mercurio. La ragazza fece l’errore di avvicinarsi e in un attimo le sue caviglie vennero bloccate da delle catene di mercurio che fuoriuscirono da quella pozza.
«Maledizione...!»
Raphael apparve dietro la ragazza e la spinse sopra la pozza. Le catene legarono anche i polsi e la gola.
«Ora sei completamente immobilizzata, mostro. Negli anni ’50 l’AMPM era solito punire i traditori tenendoli imprigionati in questo modo per intere settimane, senza mangiare e bevendo dalla ciotola dei cani. Dopotutto cos’è un traditore se non un animale? E cos’è un’Imitazione se non una bestia? Devo essere sincero, vederti a quattro zampe mi fa venire voglia di portarti una ciotola con su scritto il tuo nome—»
«Bastardo! Lasciami andare! Lasciami andare!» urlò lei.
«Perché dovrei farlo? Ormai ti ho in pugno...»
Hetna evocò delle spade magiche che vennero subito sparate, ma nessuna di queste riuscì a colpire l’uomo.
«Non è facile prendere la mira in quella posizione, eh? Povera te, ma chère. Mi rendo conto che probabilmente non hai scelto tu di diventare un mostro, ma ha ben poca importanza se questa seconda vita ti sia stata imposta o meno. Un animal est un animal... Un animale rimane pur sempre un animale, anche se non ha scelto di essere tale.»
Raphael colpì Hetna con un calcio facendo attenzione di prendere bene di mira il torace. Il verso di sofferenza della ragazza scatenò una reazione disgustata nell’uomo.
«Tutta finzione. Sei solo una pessima bugia!» La colpì un’altra volta. «Non c’è niente di vero in voi, niente. Siete solo bestie con aspetti umani, non siete altro. Una volta fui imbrogliato da voialtri, ma da allora ho sviluppato il più totale ribrezzo per la vostra razza. Questo è il momento di morire, mostro.»
In quell’istante Raphael venne colpito in faccia da un pugno. Era Benjamin Palmer. Il magus francese perse il controllo del mercurio ed Hetna poté liberarsi.
«Idiota!» tuonò Raphael. «Sei un idiota! Chien de Mercure
Benjamin venne morso al braccio sinistro dal mastino. Il ragazzo prese a pugni quella creatura, ma era troppo robusta per essere distrutta da delle mani umane.
«Cazzo! Mollami, figlio di— Aaaaah!» Benjamin sentiva che le zanne delle bestia gli stavano dilaniando il braccio. «Figlio di puttana!»
La lama di Hetna tagliò la bestia in due. Benjamin, ferito, si allontanò e ringraziò la donna.
«Non ringraziarmi, non l’ho fatto per te» brontolò lei.
«Quindi è così stanno le cose?» fece Raphael innervosito. «Questo è assurdo... davvero inconcepibile. Un moccioso che aiuta un mostro, ma che storia è mai questa?! Sono diventato il protagonista di qualche barzelletta oppure—? Dimmi, Master di Saber, perché diavolo hai aiutato quella bestia.»
«Non mi piacciono le teste di cazzo come te, ecco tutto» replicò Benjamin alzando il medio.
«Quindi vuoi essere il primo ad essere eliminato dalla competizione? Bene.» Raphael usò un Sigillo del Comando. «Lancer, ti ordino di uccidere Saber.»
Lancer, che era impegnato in una battaglia contro α Berserker, sentì l’ordine del Master e, senza protestare, rivolse la sua attenzione ad ω Saber.
La lancia di Lancer riuscì a fare breccia nella difesa di Saber e inferse tre profonde ferite che fecero crollare la donna in ginocchio.
Hetna notò immediatamente che gli occhi di Benjamin Palmer si stavano stringendo dalla tristezza, il ragazzo era palesemente sul punto di gettarsi nel campo di battaglia per fermare ω Lancer. Hetna si mise davanti a lui e, scuotendo la testa, gli disse:
«Te lo sconsiglio.»
Lui non le diede ascolto. La spinse e corse verso la sua Servant. «Saber, resisti!» urlò.
Benjamin era ferito, non sapeva quanto sangue stava perdendo, ma non aveva intenzione di lasciare morire quella valorosa guerriera che aveva creduto in lui e che lo aveva spronato a combattere. Il ragazzo si mise davanti  ad ω Lancer e fece da scudo ad ω Saber.
«Morirai, ragazzo» disse il Servant di Raphael.
«Lo so, ma non lascerò che Saber muoia in ginocchio.»
«Quindi desideri mettere a rischio la tua stessa vita per difendere l’onore di quella donna con il sangue barbarico? Non ti rendi conto che questo danneggerà la tua reputazione in quanto Master? Un bravo Master, in quanto magus, dovrebbe stare lontano da queste battaglie e non dovrebbe mai rinunciare alla propria vita per difendere un’arma—»
«Non mi interessa!» urlò lui. «Che lei sia un’arma oppure no a me non importa. Lei ha creduto in me ed io non la lascerò morire in questo modo. Preferisco morire io come un cane. Io, dopotutto, non sono nessuno di importante... ma lei è un re! Il minimo che posso fare è preservare il suo onore con la mia vita!»
Lancer non disse nulla.
Raphael Maillard notò che l’uomo stava abbassando l’arma e allora, con un tono di rimprovero, esclamò:
«Cosa credi di fare, ω Lancer? Lascia perdere i sentimentalismi e finisci il lavoro. Dobbiamo vincere questa guerra e la vinceremo. Uccidi il ragazzo e finiamo questa messinscena da quattro soldi.»
«Master, io non credo che—»
«Devo usare un altro Sigillo del Comando, ω Lancer?»
L’uomo abbassò la testa in segno di sottomissione. «No, mi scuso.»
Lancer alzò l’arma e si preparò a colpire Benjamin.
Hetna vide quel fragile ragazzo essere sul punto di morire e qualcosa, dentro di lei, si mosse: era un inspiegabile desiderio di proteggerlo. Non le era mai capitato prima. Non le era mai capitato di voler proteggere un umano e sapeva che era irrazionale provare quei sentimenti per quello sconosciuto, eppure li stava provando e non poteva frenarli in nessun modo. Hetna usò un Sigillo del Comando per ordinare ad α Berserker di usare il proprio Noble Phantasm.
«Così sia!» esclamò Berserker, la quale iniziò a correre verso Lancer.
L’uomo notò subito qualcosa di strano e, vedendo l’avversaria avvicinarsi, si girò per attaccarla. La lancia dello Spirito Eroico venne bloccata dallo scudo e poco dopo la spada della donna si avvicinò così tanto alla gola di lui da quasi decapitarlo. Lancer fece un veloce balzo all’indietro.
«Hai intenzione di proteggere costoro, α Berserker?»
Lei sorrise.
«Capisco. Allora ti ucciderò—»
In quel momento accadde qualcosa di strano a Berserker: una nebbia nera come il carbone si sollevò e circondò il corpo della ragazza.
«Sei sfortunato, ω Lancer, a quanto pare sarai la mia prima vittima.»
Quella nebbia nera si fece sempre più densa.
«Stai per essere vittima della pena che noi, dominatori del mondo, infliggiamo ai deboli che osano opporsi al nostro potere!»
Lancer sentì il proprio corpo irrigidirsi e, quando provò a muoversi, si accorse di essere paralizzato. Il Noble Phantasm dell’avversaria era già in atto. Berserker aprì le palpebre e rivelò due occhi sanguigni, simili a quelli di un demone.
«Tutti gli eversivi devono essere uccisi! Io, Servio Sulpicio Galba Cesare Augusto, ho deciso che la pena per il traditore sovversivo sarà la crocifissione! Infelix Lignum (La Croce della Mia Giustizia)!»
Una croce di ferro sorse alle spalle di ω Lancer. L’uomo fu catturato da catene e legato al ferro dal quale fuoriuscirono lunghi aculei che trafissero le mani, le braccia, le gambe e anche i fianchi.
Le urla strazianti dell’uomo inquietarono tutti i presenti eccetto α Berserker. La ragazza, la cui vera identità era quella dell’imperatore Galba Cesare Augusto, sogghignò e poi lasciò scappare dalla bocca una risata incontrollata. Non era più la ragazza contenuta di prima, sembrava che fosse stata posseduta.
Nessuno aveva capito quello che stava accadendo alla Servant, nessuno tranne Hetna. La follia, tipica di un Servant di classe Berserker, non poteva neanche toccare la mente di Galba in una situazione normale. Tuttavia, a causa dell’Odio per il Traditore — l’abilità della Servant — non appena lei usava il suo Noble Phantasm quella follia infettava la sua mente. Davanti a chi veniva giudicato ‘traditore’ o ‘ribelle’, Galba perdeva il controllo. La calma di Berserker era solo una maschera, un inganno. La vera α Berserker aveva appena mostrato il suo volto malefico a tutti i presenti.

Sotto quella stessa luna che aveva appena assistito alla crocifissione di ω Lancer, Friedrich Wolff stava cantando a bassa voce. Specter, appena entrata nell’abitazione nella quale avevano deciso di accamparsi, sentì la melodia che proveniva dal tetto e, incuriosita, si mise in un angolo per ascoltare attentamente le parole del Master.
«𝅘𝅥𝅮 All the lonely people, where do they all come from? All the lonely people, where do they all belong? 𝅘𝅥𝅮»
Non alzava mai la voce, era come se stesse parlando a sé stesso; ma il suo sguardo era rivolto alla luna. C’era qualcosa in quelle parole che metteva a disagio la donna. C’era tristezza in quelle parole, ma anche una sensazione di assoluta solitudine e lei non capiva perché. Erano solo parole, nulla di che. Erano ritmate, sì, ma questo non le rendeva più o meno diverse. Erano i soliti versi dell’umanità, eppure, in quel preciso momento, la donna si sentì quasi sopraffatta da quella canzone, forse persino schiacciata; sia fisicamente che mentalmente. Non aveva mai provato quelle sensazioni.
Specter non si accorse quando Friedrich smise di cantare e, quando lui capì di essere osservato, le domandò:
«Ti piace?»
«Eh...?» fece lei come se fosse stordita.
«La canzone.»
«L’hai scritta tu?»
«No. È dei The Beatles e la canzone si chiama Eleanor Rigby
«Mi piace, sì...» mormorò.
«Mio padre li adorava. Avevo sei anni quando me la fece sentire la prima volta, piansi e mia madre si arrabbiò con lui. Ahah... Che donna era mia madre!»
«Perché la stavi cantando?»
«Oggi è il 20 settembre, il giorno in cui mio padre morì. Volevo onorare la sua memoria con la sua canzone preferita, tutto qui.»
«Quando è accaduto?»
«Sette anni fa.»
«Ti manca?»
«A volte, ma non ci si può far niente, giusto? Possiamo andare avanti quanto vogliamo, ma non possiamo dimenticare le persone che perdiamo. Quelle resteranno sempre nei nostri cuori. Mio padre, mia madre, mio fratello... vivono nel mio cuore e continuerò a cantare per loro.»
«Hai una risposta?»
«A che cosa?»
«A quelle parole che hai cantato. Da dove vengono le persone sole?»
«Tu che cosa pensi?» domandò incuriosito.
«Io sono un demone, non posso dirtelo—»
«Provaci.»
«Beh... Io ho visto dei miei simili vivere senza mai conoscere la felicità. I demoni, dopotutto, sono tutti così, lo sai? Siamo così ossessionati dal bisogno di soddisfare i nostri istinti che non ci soffermiamo sulla nostra esistenza. Preferiamo mettere in atto costantemente la nostra natura piuttosto che scegliere liberamente e seguire un percorso differente. I demoni sono sempre soli, questa è la verità. Potrei dirti che tutta questa solitudine nasce da una mancanza di alternative...»
«Forse hai ragione, ma io credo che le alternative debbano essere create non aspettate. Chi aspetta non va da nessuna parte. Bisogna imparare a saltare, a cadere, e a rialzarsi. Non si può vivere se non si impara a correre dei rischi. Il problema è che molte persone preferiscono non farlo.» Fece una breve pausa. «Credo che le persone sole vengano da quelle scelte libere. Più liberi si è, più soli si diventa. È una verità.»
«Ma anche nell’assenza di libertà c’è solitudine» commentò lei.
«Anche questo può essere vero.»
«Dunque, alla fine dei conti, possiamo concludere che non c’è risposta alla mia domanda.»
«Ed è questa la stessa conclusione a cui arriva la canzone: non c’è alcuna risposta. Dobbiamo accettarlo e basta.»
«E a te va bene così? È strano. Non sarebbe molto meglio conoscere la verità e cercare di rendere la vita di ogni essere umano migliore?»
«Sarebbe bello, ma impossibile.»
«E a te va bene così...» ripeté a bassa voce.
«Non si vive per avere delle risposte, ma per continuare a domandare.»

'La vera natura di Galba' di Bikowolf