mercoledì 23 febbraio 2022

[ITA] Capitolo 19 : Un nuovo nemico

Oreste era morto.
Valfredo ancora non riusciva a crederci.
«Arrenditi» disse Friedrich. «Ormai non ha più senso combattere.»
«Quindi... mi ucciderai?» domandò terrorizzato. «Non riuscirai mai ad affrontare Alda, lei è troppo forte per te—»
«Da dove viene questa improvvisa premura? Essere ad un passo dalla morte ti ha reso più umano, Valfredo? Una cosa davvero strana per persone come voi.»
«Oh, quindi è a questo che sei arrivato...» commentò lui con aria delusa. «Ora ci tratti come se non fossimo umani.»
«Risparmiami le lacrime da coccodrillo, i Rote Mäntel hanno sempre discriminato gli esseri umani. Te lo sei dimenticato? Io no. Io non dimenticherò mai i discorsi sull’inferiorità dell’umanità e sul bisogno di schiavizzare coloro che non conoscono la magia.»
«Non li facevo io quei discorsi—!»
«Ma sei stato tu a parlarmi di lealtà. Tu sei fedele ai Rote Mäntel, no? Tu non metti mai in discussione l’autorità, no? Allora sei fedele a quelle idee. Allora non metti in discussione coloro che le mettono in atto. Quindi sei come tutti gli altri magi che lavorano per i Rote Mäntel.»
«Io cercavo solo di sopravvivere—!»
«Stronzate! Sono tutte stronzate e lo sai benissimo. Non ti sei mai vergognato di essere leale a quegli assassini, non hai mai pensato di criticarli o di dubitare delle loro azioni. No. Li hai sempre giustificati. Tu sei come loro, Valfredo.»
«Quindi è così che vuoi concluderla? Mi vuoi uccidere? Pensavo che non fossi quel tipo di persona...»
«Non lo sono, infatti... ma so compiere certi sacrifici, soprattutto se si tratta di sacrificare della spazzatura per il bene dell’umanità intera. Tu e i tuoi amici avete sempre sputato in faccia agli esseri umani, per quello che mi riguarda non meritate neanche una briciola di compassione. No. La compassione viene data a coloro che la sanno mostrare a loro volta, ma i Rote Mäntel non conoscono la pietà e neanche la benevolenza. Trattate gli esseri umani come bestiame e, come se non bastasse, vi ammazzate a vicenda. Siete solo bravi a distruggere. Come si può provare compassione per persone come voi?»
Valfredo fece una risatina appena udibile.
«Lo trovi divertente?» domandò irritato.
«Più di quanto pensi, Friedrich. Hai ragione... noi ci ammazziamo a vicenda. Hai proprio ragione. A tal proposito... ti ricordi ancora di tuo fratello Clovis?»
Quel nome scatenò una reazione aggressiva in Friedrich. Un pugno colpì la faccia di Valfredo.
«Non osare nominare mio fratello, pezzo di spazzatura!»
«Beh, ormai non ha importanza... morirò comunque, quindi tanto vale rivelarti la verità: la morte di tuo fratello era stata, in un certo senso, premeditata.»
«Mio fratello si è suicidato—»
«Perché aveva perso sua figlia, giusto? La piccola Freda si era ammalata di tubercolosi, una delle peggiori malattie possibili. Una coincidenza? No, amico mio... quella malattia è stata un’idea di Alda.»
«Cosa?!» esclamò scioccato. «Che cazzo stai dicendo?!»
«Dico solo la verità, Friedrich. Alda usò la magia per far ammalare Freda e costringere Clovis al suicidio. Era tutto un suo piano—»
«Stronzate!» urlò Friedrich. «Nessuna persona sana di mente farebbe soffrire in quel modo una bambina solo per commettere un omicidio politico! Nessuna persona sana di mente!»
«Beh, Alda non è mai stata proprio ‘sana di mente’... lo sai anche tu...» disse con ghigno.
«Figlio di puttana!» Friedrich colpì Valfredo in faccia. «Sei un fottuto figlio di puttana! Siete tutti dei mostri! Fottuti psicopatici! Dimmi perché mai dovrei avere pietà di te, Valfredo! No, cazzo, te lo puoi scordare! Non avrò alcuna misericordia...!»
Friedrich, allora, scorse una strana soddisfazione che stava dipingendo il volto dell’uomo. La rabbia iniziò, poco alla volta, a placarsi. Friedrich abbassò il pugno.
«Ma questo è quello che vuoi... vero? Vuoi che io ti uccida, non è così? Vuoi costringermi a scendere al tuo livello...»
«Se vuoi puoi anche tenermi in vita... dopotutto io non ho fretta di andarmene da qui, e tu?»
«Fai silenzio. Mi fai schifo, Valfredo» disse disgustato.
«Non biasimare me, è stata opera di Alda—»
«E tu? Tu l’hai seguita. Tu stai dalla sua parte. Tu l’hai difesa. Pensi di potertene lavare le mani in questo modo? No, scordatelo. Tu sei da biasimare quanto lei, Valfredo. Io non ti lascerò vivere, non posso... e non posso lasciare vivere una persona come Alda. Lasciarla respirare sarebbe come insultare mio fratello e mia nipote. Non posso.»
«Allora uccidimi, Friedrich. Cosa aspetti? Avanti! Facciamola finita e uccidimi! Cosa ti costa? Io lo so perché esiti! Tu hai paura di essere come noi, ma in vero stai solo trattenendo un istinto omicida che è latente nella tua anima. Ma guardati...» Fece una breve pausa pervasa da una risata divertita. «Guardati, Friedrich! Sei patetico! Giochi a fare l’eroe... a fare... a fare... cosa sei? Il difensore dell’umanità? Il protettore di quelle fragili e decadenti società umane? Che cosa sei, Friedrich? Che cosa fingi di essere? Smettila di nasconderti e abbraccia la tua vera natura. Sei come me, sei come Alda, sei come tutti i magi dei Rote Mäntel.»
Friedrich vide α Specter avvicinarsi. La donna aveva assunto il suo aspetto originale e aveva appena brandito la sua arma. Friedrich si allontanò da Valfredo e scambiò una veloce occhiata con la Servant; lei capì subito cosa fare.
Friedrich si allontanò e α Specter si avvicinò a Valfredo, il quale esclamò:
«Sarai comunque un assassino, anche se sarà lei ad uccidermi.»
Friedrich non rispose.
Specter decapitò Valfredo.
Il sangue che bagnò l’arena fece mutare quell’illuminazione azzurra in una rossa. Un rimbombo annunciò la scomparsa della barriera magica che aveva isolato l’arena.
Friedrich non concesse neanche un ultimo sguardo al corpo del suo nemico. Abbandonò il luogo seguito da Specter.
«Stai bene, Master?»
«Sono stanco. Tutta questa sofferenza deve finire.»

L’intera battaglia fra Valfredo e Friedrich aveva avuto come spettatore un uomo che si era ben nascosto. Il suo nome era Takahiro Nagasako, il Master di α Lancer.
Egli si era già fatto un’idea della forza del suo futuro avversario, ma non sapeva come attaccarlo o dove attaccarlo. L’intera Adocentyn sembrava un labirinto di edifici, fare una battaglia in un luogo così scomodo era davvero rischioso, ma allo stesso tempo vantaggioso.
«Mordi e fuggi...» rifletté Takahiro accendendosi una sigaretta. «Posso usare la città a mio vantaggio: lo attacco e me ne vado.»
Egli, appena entrato nell’arena dove Friedrich aveva combattuto, si sedette su uno dei posti per il pubblico. Vicino a lui comparve Lancer, una Servant dalle fattezze egiziane e adornata come una principessa guerriera.
«Quindi è questo il tuo piano, mio amato?»
«Sì, più o meno.» Lui appoggiò la testa sulle gambe di lei. «Non voglio affrontarlo senza prima sapere se ho le carte in tavola per vincere. Mordi e fuggi. Questo è il piano, principessa.»
«E cosa succede se scopri che lui è più forte di te?»
«Allora dovrò cambiare il mio obbiettivo e occuparmi dei Master più deboli» rispose lui subito.
«Un ottimo piano, mio amato.» Gli accarezzò il capo amorevolmente. «Così potrai realizzare il tuo desiderio.»
Lui non disse niente.
«Hai un desiderio, vero? Soldi? Fama? Potere, forse?»
«Fama e potere sono inutili, mentre i soldi non mi servono. Non ne ho mai avuti e non ho mai rimpianto la loro assenza.»
«Quindi perché combatti?» domandò lei incuriosita.
«Prima di tutto perché sono stato costretto, e secondo...» Fece una breve pausa. «Se esiste davvero un oggetto in grado di realizzare ogni desiderio, voglio usare i suoi poteri miracolosi per fare del bene alle persone.»
«Ad esempio?»
«Qualsiasi cosa che renda questo mondo un posto migliore, devo ancora pensarci» rispose lui.
«Vuoi essere un paladino per gli altri, mio amato?»
«Non voglio essere un paladino, voglio solo fare la cosa giusta.» Si alzò e spense la sigaretta. «Io ho perso tutto quando mio padre sprecò un’intera eredità nel gioco d’azzardo. Sono cresciuto in strada assieme a mio fratello maggiore, Yuji. So cosa significa soffrire, so che cosa si prova ad essere dei reietti... il mondo è pieno di persone come me.»
La Servant notò immediatamente che l’espressione del suo Master era cambiata; la malinconia si era impressa sul volto di lui. «Tutto bene, mio amato?»
«Stavo pensando... ad una cosa...»
«Posso sapere di che si tratta?»
«È passato un anno. Dalla morte di Yuji, è passato solo un anno.»
«Hai altri parenti?»
«Mia madre è morta quando mi partorì e mio padre si suicidò quando scoprì che non sarebbe mai riuscito a pagare tutti i suoi debiti. Cugini? Mai avuti. Zii? Pochi e quasi tutti troppo avari per aiutare un nessuno come me. Un bel quadro famigliare, no? Non ho nessuno e non ho bisogno di nessuno.»
«Hai bisogno di me, mio amato» disse con un tono carezzevole.
«Per vincere questa guerra, ovviamente.»
«Una guerra che non possiamo perdere, vorrei aggiungere. Ho visto le abilità di α Specter, è abbastanza forte... ma la sua difesa manca di sostanza, se mi capisci. Non ha tecnica ed è anche una che tende a sottovalutare i suoi avversari.»
«Hai buon occhio, principessa.»
«Mio padre me lo diceva spesso. Suggerisco di evitare uno scontro prolungato. Credo di aver capito i punti deboli di Specter, ma il suo Master è un’altra storia. Quel tizio è davvero... peculiare. Ha l’animo del guerriero, ma anche lo spirito dell’eremita. Una strana combinazione.»
«E allora?»
«Bisogna stare attenti a personaggi così distintivi, sono loro ad essere i più problematici.»
Takahiro accese un’altra sigaretta. Nella sua testa iniziò a prendere forma un piano per attaccare Friedrich Wolff. Si rivolse ad α Lancer e le disse:
«Va bene, sarò prudente. Però voglio provare a metterli all’angolo, tu cosa ne pensi?»
«Farò ciò che desideri, mio amato, e, se le cose dovessero andare male, ci penserò io a salvarti.»
La donna si alzò. Accarezzò il volto del suo Master e lo baciò sulle labbra. Lui accettò quel gesto, ma non gli diede un valore romantico; non provava dei particolari sentimenti per la sua Servant. Per Takahiro, l’atteggiamento di lei era poco diverso dal programma di un computer. Era un modo di agire standardizzato privo di un vero e proprio significato. Accettò di essere trattato come l’amante di α Lancer e accettò quel bacio; ma entrambe le cose, per lui, erano scatole vuote.
Non appena le labbra dei due si staccarono, lei disse sorridendo:
«Mio amato Master, io ti accompagnerò in questa guerra e  dedicherò tutta me stessa al tuo desiderio.»
La devozione di α Lancer, per quanto toccante potesse essere, non aprì una breccia nel cuore di Takahiro. Lui la baciò. Lei si avvinghiò a lui con le braccia, mentre lui le toccò appena i fianchi.
Non c’era passione nei gesti di Takahiro. Era solo lavoro.

'Solo lavoro' di BikoWolf

Ma guardate quel Takahiro! Tutto figo su un trono in pezzi!😎 Quando lo guardo mi viene in mente una canzone dark country tipo "Devil's gonna come" o roba del genere... comunque, se volete leggere la storia intera di Fate/Yggdrasil vi consiglio di cliccare qui per poter avere accesso al PDF.