Un ragazzo con i capelli blu rasati sulla parte destra della testa e con occhi scuri era appena entrato nell’ufficio di un uomo sulla cinquantina vestito di grigio; ad aprire la porta era stata la segretaria che era riluttante a far entrare una persona che si portava una spada in un fodero dietro la schiena.
“Henry Allison, giusto?” domandò l’uomo.
Il ragazzo si sedette sulla poltroncina rossa dopo aver messo da parte il fodero.
“Esatto, perché mi hai chiamato, vecchio?”
“Sfacciato come si dice. Ma mi risulta che tu abbia ucciso tutti gli obbiettivi che ti erano stati assegnati, mi sbaglio?”
“Questo sarà il diciassettesimo.”
“Sicuro di te. Mi piaci.”
“Quindi mi dici chi devo ammazzare oppure ti devo supplicare?” domandò Henry annoiato.
L’uomo si sedette davanti alla scrivania e tirò fuori una sigaretta. Ne offrì una a Henry ma lui rifiutò. Accese la sigaretta e se la mise in bocca.
“Tu sai chi sono io?”
“Matthew Jenkins, un ex poliziotto che adesso dirige un reparto dei servizi segreti inglesi. Mi sono informato per sicurezza.”
“Previdente.”
“Non mi piace avere a che fare con degli anonimi. Cosa vuoi?”
“Lascia che ti spieghi: io sono il fratello di un magus.”
Henry non ebbe nessuna reazione.
“Lo so cosa stai pensando, è strano per uno come me chiamare uno come te ma i dettagli sono importanti così puoi capire cosa sta succedendo. In questa città, circa sette mesi fa, scoppiò una guerra e mio fratello Bradley lavorava in una specie di organizzazione e accademia, l’Associazione dei Maghi; egli era spaventato dal conflitto che chiamava ‘Guerra del Santo Graal’ e voleva trovare un modo per concluderlo. Inizialmente ero scettico, come ci si può aspettare da ogni uomo di ragione, ma le morti misteriose che avevano luogo qui a Londra, la caduta della Torre dell’Orologio e i milioni di civili uccisi … beh, come puoi ben capire avevo smesso di dubitare. La scusa dei terroristi non reggeva. Era palese che ci fosse stato un insabbiamento, ho condotto delle ricerche e sono venuto a conoscenza di diverse organizzazioni come l’Associazione dei Maghi sparse per il mondo. Durante le mie ricerche ho scoperto qualcosa di interessante.”
Matthew aprì un cassetto della scrivania e da lì tirò fuori un fascicolo nero con sopra scritto ‘magia’; aprì il fascicolo, sfogliò alcuni fogli e ne diede uno dove c’era una mappa del mondo con dei puntini rossi in alcuni stati.
“In Egitto c’è un’organizzazione chiamata Ordine di Tot. Sono riuscito a spiarli soprattutto con l’aiuto di una rete di contatti e questo è quello che ho scoperto.”
Matthew diede un altro foglio sul quale c’era una foto di una specie di isola volante vista dal basso.
“Cos’è questa roba?” domandò Henry, confuso.
“Neanche loro lo sanno. Hanno usato la magia per celare la sua presenza alle persone, si trova nel bel mezzo del deserto. È più piccola di Malta di qualche centinaio di kilometri quadrati e secondo le informazioni che ho ricavato si crede che lì avrà luogo un’altra guerra come quella che c’è stata qui a Londra.”
“Quindi è per questo che sono qui? Per impedire una guerra?”
“No.” Matthew schiacciò la sigaretta nel posacenere. “La ragione per la quale ho convocato te, un Cacciatore di Maghi, è per eliminare tutti i coloro che prenderanno parte a quel conflitto.”
“Un genocidio di magi?”
“Esatto. Loro hanno messo in ginocchio Londra e il Regno Unito e girano per il mondo senza mai aver pagato per i crimini commessi. Attaccarli in ogni stato sarebbe pericoloso e potrebbe scatenare una guerra … ma in questo caso … le cose sono diverse. Voglio che loro vengano puniti per i crimini che hanno commesso. Posso fidarmi di te?”
“Non è una questione di fiducia ma di affari. Farò quello che mi hai detto ma mi aspetto un lauto pagamento per questo, ovviamente.”
“Ovviamente. A lavoro compiuto riceverai abbastanza soldi da poterti permettere di non lavorare per almeno dieci anni.”
Henry si alzò dalla poltroncina rossa, prese con sé l’arma e prima di andarsene disse:
“Non mentirmi, non ti conviene.”
Henry Allison uscì dall’edificio e prese fuori dalla tasca dei suoi pantaloni una sigaretta elettronica; dopo averla preparata iniziò a fumare. Cercò di dimenticare l’odore della sigaretta che stava fumando Matthew e soltanto dopo qualche secondo si incamminò; improvvisamente la sua strada venne tagliata da una ragazza bionda con gli occhi azzurri che indossava una giacca rosa.
“Scusa!”
La ragazza era di fretta.
“Non ti preoccupare” rispose Henry, un po’ infastidito.
Alisa, una fanciulla pallida, con lunghi capelli bianchi ed occhi rossi, era nella vasca da bagno seduta in mezzo all’acqua a guardare silenziosamente la parete davanti a sé. Apparve, come in un sogno, l’immagine del fuoco che bruciava i corpi di migliaia di persone senza volto.
“No!” urlò la ragazza, spaventata.
Si mise le mani davanti agli occhi, sperando di far sparire il fuoco; quando levò le mani vide una sedia sulla quale c’era un burattino di legno con l’espressione triste; questo burattino somigliava a lei. Un essere dall’oscurità afferrò quella croce a cui erano attaccati i fili e iniziò a muovere quella marionetta davanti agli occhi della ragazza.
“Basta … ti prego.”
“Basta?”
Apparve Vergil e la ragazza si alzò dallo spavento.
“No! Non sei reale!”
“Hai detto ‘basta’? Cosa vuol dire per un burattino quella parola? Chi è legato a dei fili non può negare il trattamento a cui viene sottoposto.” Continuava a muovere la marionetta sulla sedia.
“Io non sono una marionetta … sono libera!”
“Libera? Tu credi davvero di avere il lusso di usare quella parola? Non hai neanche il diritto alla libertà. Sei solo uno strumento. Quel tuo corpo appartiene a me giacché sono stato io a crearlo per te. La tua voce è mia giacché sono stato io a donartela. La tua mente è mia giacché sono stato io a plasmarla con queste mie mani. Niente è tuo.”
“Ho scelto di non prendere più ordini da voi! Ho scelto di vivere!”
“No.” Vergil tagliò i fili con delle forbici e la marionetta cadde. “Tu hai scelto di suicidarti.”
“Alisa, sono a casa.”
Era la voce di una ragazza oltre la porta. Alisa si girò verso la porta poi di nuovo verso la parete. Non c’era nessuno.
“Eccomi.”
Alisa uscì dalla vasca e indossò l’accappatoio. Aperta la porta del bagno vide la sua amica mentre si toglieva la giacca rosa.
“Scusa se ci ho messo tanto ma avevo tante cose da fare a lavoro. Hai già pranzato?”
“No.”
“E cosa hai fatto?”
“Sono stata in bagno.”
“Tutto il giorno?”
“Non sapevo cosa fare.”
“Alisa, ti ho detto un migliaio di volte di trovarti un hobby. Non puoi passare tutto il tempo a deprimerti. La vita è bella, goditela!”
“Io sono un omuncolo, Anna, certe cose posso anche non farle. Non ho bisogno di hobby o di cose del genere.”
Anna notò l’espressione stanca di Alisa ma non fece domande al riguardo e si diresse in cucina per iniziare a preparare da mangiare.
“Vestiti forza, così mangiamo.”
L’acqua era sul fuoco e Anna stava prendendo fuori degli spaghetti. Dopo un paio di minuti entrò anche Alisa che si accomodò a tavola. Anna stava preparando i condimenti da mettere nella pasta quando Alisa domandò:
“Ci pensi mai alla Torre dell’Orologio?”
Anna si fermò. Si voltò con due occhi sorpresi dalla domanda improvvisa.
“Scusa, perché lo chiedi?”
“Io … so che tu hai sofferto molto. Ci pensi mai a James?”
Anna rimase in silenzio.
“Perdonami, non volevo-”
“Non ti preoccupare” disse Anna fingendo un sorriso. “Ma preferisco non pensarci più.”
“Perché?”
“Perché è meglio così. Ma …” Fece un respiro profondo. “Perché me lo hai chiesto?”
“Niente di importante, è solo che qualche volta rivedo i fantasmi del mio passato. Mi capita di ripensare a ciò che ho perso ... non sono io a volerlo, è il passato che mi cerca.”
“Mm.”
“Mi guardi come se fossi matta.”
“No, sei matta ... semplicemente ti ostini a non pensare al presente. Comunque, non mi hai mai detto come sei finita sotto un ponte. Chi era il tuo padrone? Tutti gli omuncoli hanno padrone.”
“Una persona meschina. Non devi sapere altro. Non ne vale la pena.”
“Ti ha fatto molto male?”
“Sì e per questo ti sono grata, Anna. Se non fosse stato per te io sarei morta da sola, dimenticata da tutti, ma tu mi hai dato una possibilità. Sono felice che tutto sia finito.”
“Allora perché continui a rimuginare sul passato?”
“Te l'ho già detto, non è colpa mia … è il passato che mi sta perseguitando.”
Qualcuno suonò il campanello.
“Chi sarà?” Anna lasciò la cucina. “Hai invitato degli amici senza dirmelo, Alisa?”
“No, io …” Poi lei ebbe come una sorta di brivido che corse lungo tutto il corpo. Una sensazione di oppressione, si sentiva mancare il respiro. “No … non aprire quella porta.”
Anna aprì la porta. Alisa raggiunse la ragazza di corsa e gelò nel vedere il volto di Vergil. Le sue labbra cucite formarono un sorriso demoniaco, persino Anna si inquietò nel vedere quell’essere.
“Chi è questo?”
“Non essere maleducata, signorina.”
“Ma che ...? Costui … è nella mia testa?” Anna, senza pensarci due volte chiuse la porta a chiave e si voltò verso Alisa. “Chi è?”
“Vergil. È qui per me. Vuole riprendermi!”
“Non è del tutto vero ma neanche completamente falso.”
“Esci dalla mia testa!” urlò Alisa.
“Niente è tuo, Alisa. Quante volte dovrò dirtelo? Tu sei mia. La tua stessa esistenza mi appartiene.”
Vergil sfondò la porta dandole un colpetto con il dito. Anna usò la magia per evocare un arco magico di color giallo, scoccò una freccia magica ma Vergil la afferrò a mezz’aria e la fece sparire.
“Non è un magus normale.” Anna scoccò altre due frecce ma vennero entrambe afferrate e distrutte da Vergil.
“Dovrai impegnarti di più, Anna Newton. Altrimenti sarà davvero complicato per te vincere la guerra.”
“Di quale guerra stai parlando?”
“Lo vedrai con i tuoi occhi.”
“Henry Allison, giusto?” domandò l’uomo.
Il ragazzo si sedette sulla poltroncina rossa dopo aver messo da parte il fodero.
“Esatto, perché mi hai chiamato, vecchio?”
“Sfacciato come si dice. Ma mi risulta che tu abbia ucciso tutti gli obbiettivi che ti erano stati assegnati, mi sbaglio?”
“Questo sarà il diciassettesimo.”
“Sicuro di te. Mi piaci.”
“Quindi mi dici chi devo ammazzare oppure ti devo supplicare?” domandò Henry annoiato.
L’uomo si sedette davanti alla scrivania e tirò fuori una sigaretta. Ne offrì una a Henry ma lui rifiutò. Accese la sigaretta e se la mise in bocca.
“Tu sai chi sono io?”
“Matthew Jenkins, un ex poliziotto che adesso dirige un reparto dei servizi segreti inglesi. Mi sono informato per sicurezza.”
“Previdente.”
“Non mi piace avere a che fare con degli anonimi. Cosa vuoi?”
“Lascia che ti spieghi: io sono il fratello di un magus.”
Henry non ebbe nessuna reazione.
“Lo so cosa stai pensando, è strano per uno come me chiamare uno come te ma i dettagli sono importanti così puoi capire cosa sta succedendo. In questa città, circa sette mesi fa, scoppiò una guerra e mio fratello Bradley lavorava in una specie di organizzazione e accademia, l’Associazione dei Maghi; egli era spaventato dal conflitto che chiamava ‘Guerra del Santo Graal’ e voleva trovare un modo per concluderlo. Inizialmente ero scettico, come ci si può aspettare da ogni uomo di ragione, ma le morti misteriose che avevano luogo qui a Londra, la caduta della Torre dell’Orologio e i milioni di civili uccisi … beh, come puoi ben capire avevo smesso di dubitare. La scusa dei terroristi non reggeva. Era palese che ci fosse stato un insabbiamento, ho condotto delle ricerche e sono venuto a conoscenza di diverse organizzazioni come l’Associazione dei Maghi sparse per il mondo. Durante le mie ricerche ho scoperto qualcosa di interessante.”
Matthew aprì un cassetto della scrivania e da lì tirò fuori un fascicolo nero con sopra scritto ‘magia’; aprì il fascicolo, sfogliò alcuni fogli e ne diede uno dove c’era una mappa del mondo con dei puntini rossi in alcuni stati.
“In Egitto c’è un’organizzazione chiamata Ordine di Tot. Sono riuscito a spiarli soprattutto con l’aiuto di una rete di contatti e questo è quello che ho scoperto.”
Matthew diede un altro foglio sul quale c’era una foto di una specie di isola volante vista dal basso.
“Cos’è questa roba?” domandò Henry, confuso.
“Neanche loro lo sanno. Hanno usato la magia per celare la sua presenza alle persone, si trova nel bel mezzo del deserto. È più piccola di Malta di qualche centinaio di kilometri quadrati e secondo le informazioni che ho ricavato si crede che lì avrà luogo un’altra guerra come quella che c’è stata qui a Londra.”
“Quindi è per questo che sono qui? Per impedire una guerra?”
“No.” Matthew schiacciò la sigaretta nel posacenere. “La ragione per la quale ho convocato te, un Cacciatore di Maghi, è per eliminare tutti i coloro che prenderanno parte a quel conflitto.”
“Un genocidio di magi?”
“Esatto. Loro hanno messo in ginocchio Londra e il Regno Unito e girano per il mondo senza mai aver pagato per i crimini commessi. Attaccarli in ogni stato sarebbe pericoloso e potrebbe scatenare una guerra … ma in questo caso … le cose sono diverse. Voglio che loro vengano puniti per i crimini che hanno commesso. Posso fidarmi di te?”
“Non è una questione di fiducia ma di affari. Farò quello che mi hai detto ma mi aspetto un lauto pagamento per questo, ovviamente.”
“Ovviamente. A lavoro compiuto riceverai abbastanza soldi da poterti permettere di non lavorare per almeno dieci anni.”
Henry si alzò dalla poltroncina rossa, prese con sé l’arma e prima di andarsene disse:
“Non mentirmi, non ti conviene.”
Henry Allison uscì dall’edificio e prese fuori dalla tasca dei suoi pantaloni una sigaretta elettronica; dopo averla preparata iniziò a fumare. Cercò di dimenticare l’odore della sigaretta che stava fumando Matthew e soltanto dopo qualche secondo si incamminò; improvvisamente la sua strada venne tagliata da una ragazza bionda con gli occhi azzurri che indossava una giacca rosa.
“Scusa!”
La ragazza era di fretta.
“Non ti preoccupare” rispose Henry, un po’ infastidito.
Alisa, una fanciulla pallida, con lunghi capelli bianchi ed occhi rossi, era nella vasca da bagno seduta in mezzo all’acqua a guardare silenziosamente la parete davanti a sé. Apparve, come in un sogno, l’immagine del fuoco che bruciava i corpi di migliaia di persone senza volto.
“No!” urlò la ragazza, spaventata.
Si mise le mani davanti agli occhi, sperando di far sparire il fuoco; quando levò le mani vide una sedia sulla quale c’era un burattino di legno con l’espressione triste; questo burattino somigliava a lei. Un essere dall’oscurità afferrò quella croce a cui erano attaccati i fili e iniziò a muovere quella marionetta davanti agli occhi della ragazza.
“Basta … ti prego.”
“Basta?”
Apparve Vergil e la ragazza si alzò dallo spavento.
“No! Non sei reale!”
“Hai detto ‘basta’? Cosa vuol dire per un burattino quella parola? Chi è legato a dei fili non può negare il trattamento a cui viene sottoposto.” Continuava a muovere la marionetta sulla sedia.
“Io non sono una marionetta … sono libera!”
“Libera? Tu credi davvero di avere il lusso di usare quella parola? Non hai neanche il diritto alla libertà. Sei solo uno strumento. Quel tuo corpo appartiene a me giacché sono stato io a crearlo per te. La tua voce è mia giacché sono stato io a donartela. La tua mente è mia giacché sono stato io a plasmarla con queste mie mani. Niente è tuo.”
“Ho scelto di non prendere più ordini da voi! Ho scelto di vivere!”
“No.” Vergil tagliò i fili con delle forbici e la marionetta cadde. “Tu hai scelto di suicidarti.”
“Alisa, sono a casa.”
Era la voce di una ragazza oltre la porta. Alisa si girò verso la porta poi di nuovo verso la parete. Non c’era nessuno.
“Eccomi.”
Alisa uscì dalla vasca e indossò l’accappatoio. Aperta la porta del bagno vide la sua amica mentre si toglieva la giacca rosa.
“Scusa se ci ho messo tanto ma avevo tante cose da fare a lavoro. Hai già pranzato?”
“No.”
“E cosa hai fatto?”
“Sono stata in bagno.”
“Tutto il giorno?”
“Non sapevo cosa fare.”
“Alisa, ti ho detto un migliaio di volte di trovarti un hobby. Non puoi passare tutto il tempo a deprimerti. La vita è bella, goditela!”
“Io sono un omuncolo, Anna, certe cose posso anche non farle. Non ho bisogno di hobby o di cose del genere.”
Anna notò l’espressione stanca di Alisa ma non fece domande al riguardo e si diresse in cucina per iniziare a preparare da mangiare.
“Vestiti forza, così mangiamo.”
L’acqua era sul fuoco e Anna stava prendendo fuori degli spaghetti. Dopo un paio di minuti entrò anche Alisa che si accomodò a tavola. Anna stava preparando i condimenti da mettere nella pasta quando Alisa domandò:
“Ci pensi mai alla Torre dell’Orologio?”
Anna si fermò. Si voltò con due occhi sorpresi dalla domanda improvvisa.
“Scusa, perché lo chiedi?”
“Io … so che tu hai sofferto molto. Ci pensi mai a James?”
Anna rimase in silenzio.
“Perdonami, non volevo-”
“Non ti preoccupare” disse Anna fingendo un sorriso. “Ma preferisco non pensarci più.”
“Perché?”
“Perché è meglio così. Ma …” Fece un respiro profondo. “Perché me lo hai chiesto?”
“Niente di importante, è solo che qualche volta rivedo i fantasmi del mio passato. Mi capita di ripensare a ciò che ho perso ... non sono io a volerlo, è il passato che mi cerca.”
“Mm.”
“Mi guardi come se fossi matta.”
“No, sei matta ... semplicemente ti ostini a non pensare al presente. Comunque, non mi hai mai detto come sei finita sotto un ponte. Chi era il tuo padrone? Tutti gli omuncoli hanno padrone.”
“Una persona meschina. Non devi sapere altro. Non ne vale la pena.”
“Ti ha fatto molto male?”
“Sì e per questo ti sono grata, Anna. Se non fosse stato per te io sarei morta da sola, dimenticata da tutti, ma tu mi hai dato una possibilità. Sono felice che tutto sia finito.”
“Allora perché continui a rimuginare sul passato?”
“Te l'ho già detto, non è colpa mia … è il passato che mi sta perseguitando.”
Qualcuno suonò il campanello.
“Chi sarà?” Anna lasciò la cucina. “Hai invitato degli amici senza dirmelo, Alisa?”
“No, io …” Poi lei ebbe come una sorta di brivido che corse lungo tutto il corpo. Una sensazione di oppressione, si sentiva mancare il respiro. “No … non aprire quella porta.”
Anna aprì la porta. Alisa raggiunse la ragazza di corsa e gelò nel vedere il volto di Vergil. Le sue labbra cucite formarono un sorriso demoniaco, persino Anna si inquietò nel vedere quell’essere.
“Chi è questo?”
“Non essere maleducata, signorina.”
“Ma che ...? Costui … è nella mia testa?” Anna, senza pensarci due volte chiuse la porta a chiave e si voltò verso Alisa. “Chi è?”
“Vergil. È qui per me. Vuole riprendermi!”
“Non è del tutto vero ma neanche completamente falso.”
“Esci dalla mia testa!” urlò Alisa.
“Niente è tuo, Alisa. Quante volte dovrò dirtelo? Tu sei mia. La tua stessa esistenza mi appartiene.”
Vergil sfondò la porta dandole un colpetto con il dito. Anna usò la magia per evocare un arco magico di color giallo, scoccò una freccia magica ma Vergil la afferrò a mezz’aria e la fece sparire.
“Non è un magus normale.” Anna scoccò altre due frecce ma vennero entrambe afferrate e distrutte da Vergil.
“Dovrai impegnarti di più, Anna Newton. Altrimenti sarà davvero complicato per te vincere la guerra.”
“Di quale guerra stai parlando?”
“Lo vedrai con i tuoi occhi.”
Alisa di Bikowolf |