Una saetta gigantesca venne scoccata da ω Archer. L’impatto scatenò un’esplosione tale da distruggere metà dell’anfiteatro. La cortina di fumo si sollevò sotto una tempesta che ancora ruggiva. Archer se ne stava sopra un fulmine attendendo, trionfale, di vedere i cadaveri dei suoi nemici sconfitti.
Quando il fumo si diradò e Archer vide spuntare le figure di α Saber e Alessandro Serpi esclamò con energia:
«Impossibile! Quale diavoleria avete usato per sopravvivere al mio Noble Phantasm?!»
Fu allora che l’uomo notò un lungo pezzo di stoffa di color porpora che stava volteggiando attorno ai due.
«Il Velo di Iliona» disse α Rider. «Si tratta di uno dei tesori di Roma, i Pignora imperii. Si dice che Iliona fosse la figlia suicida di Priamo e di Ecuba, il suo velo è in grado di fornire una difesa assoluta contro gli attacchi di natura magica.»
Rider non avrebbe dovuto intromettersi in quello scontro. Non era negli accordi e Anna, furiosa, lo ricordò ad Alessandro, il quale era ancora confuso:
«Hai violato il patto che avevamo fatto! Avevi detto che sarebbe stato uno scontro leale! Era ovvio che tu stessi mentendo! Lo avrei dovuto immaginare!»
Alessandro non ebbe il tempo di rispondere e fu lo stesso Rider a giustificare le proprie azioni:
«Davvero pensavi che un imperatore romano come me avrebbe accettato di assistere alla vittoria di un barbaro? Ti prego... devo difendere la dignità del mio popolo e dei miei famigliari. Non potevo certamente permettere che mia madre venisse uccisa da un simile animale.»
Intervenne α Archer, la Servant di Alisa: «Sei un uomo arrogante, Rider. Questa battaglia riguardava soltanto ω Archer e α Saber, intromettendoti hai violato l’accordo. Ora non ho più alcuna ragione per rimanere in disparte. Ti farò pentire di aver protetto quella ragazza!»
«Mm? E tu chi sei per parlarmi in questo modo? Hai almeno la più vaga idea di chi io sia?»
«Soltanto un uomo morto—»
«Maledizione, Rider!» urlò Alessandro furiosamente. «Cosa ti dice il cervello?! Ti avevo detto che non avevamo bisogno del tuo aiuto! Vuoi davvero costringere Ina a combattere questa guerra?»
«Non osare dirmi quello che devo o non devo fare! Io sono un imperatore, non sono il tuo Servant e non sono tenuto ad ascoltare un plebeo come te. Forse mia madre ti rispetta, ma io no. Il tuo modo di trattare la mia Master è inaccettabile ed io sono stanco di essere messo in disparte come se fossi un Servant qualsiasi! Ora combatterò e ucciderò α Archer!»
«Te lo puoi scordare!» Alessandro si diresse verso il Servant deciso ad imporsi su di lui.
Per il Master di Saber, che aveva visto Servant e Master di ogni tipo, α Rider non era che una creatura eccessivamente arrogante ed estremamente indisciplinata. Alessandro avrebbe usato ogni mezzo a sua disposizione per rimettere in riga quell’uomo.
«Mi stai sfidando, plebeo?» Rider si preparò alla battaglia. «Che tu lo voglia o no, io combatterò contro i nostri nemici—!»
«No, non lo farai» esclamò Cesare con un tono autoritario. «È evidente che tu non abbia capito il tuo posto, figlio mio. Imperatore o meno, tu oggi non saresti qui se non fosse per me, quindi mi ascolterai e farai quello che ti dico. Rimani al tuo posto come ha ordinato il mio Commilitone e non fare troppe storie.»
«Ma io—!»
«Osi davvero sfidarmi, Ragazzo Fortunato?»
Rider si zittì, imbarazzato, e guardò altrove con una punta di vergogna. Quel nomignolo bastò a farlo tacere e a concludere la faida. Dunque Cesare si rivolse ad ω Archer:
«Non c’è bisogno di scandalizzarsi tanto per un aiuto che io non ho scelto di avere. Il patto è ancora valido. Sappi che mio figlio non interverrà più.»
«Sciocchezze! Non posso fidarmi di chi non ha onore—!»
«Oppure non ti fidi abbastanza delle tue capacità» esclamò con un ghigno di sfida. «La prima volta sei quasi riuscito ad uccidermi, hai paura di non riuscirci una seconda volta? Se sei davvero più forte di me scommetto che riuscirai ad ammazzarmi nel secondo round.»
L’uomo non disse niente, ma era chiaro che le parole della ragazza erano riuscite a colpire un punto molle. La Servant di Alisa, invece, non era ancora convinta ed espresse il suo parere:
«Parli bene, α Saber, ma le tue azioni raccontano una storia di disonore e menzogna. Chi ci dice che tu non abbia pianificato tutto questo sin dall’inizio?»
«Farebbe davvero così tanta differenza, α Archer? Anche se tu avessi ragione, questo non cambierebbe il fatto che non potrei mai ripetere una simile furberia una seconda volta. Quindi perché lamentarsi? Non siamo bambini e questo non è un gioco. Se ω Archer è davvero più forte di me, allora riuscirà ad uccidermi senza problemi.»
«So quello che stai facendo, mocciosa» esclamò α Archer. «Dietro i tuoi sorrisi e la tua cortesia c’è la malvagità di un serpente. Vuoi costringerci a giocare al tuo gioco, ma non ci riuscirai—»
«Va bene, lo accetto.» Alzò le spalle con indifferenza. «Però mi piacerebbe ascoltare l’opinione del mio avversario. Sapete entrambi che α Rider non interverrà più, quindi ora la domanda è: ω Archer ha davvero bisogno dell’aiuto di qualcun altro per vincere?»
«No!» urlò l’uomo furibondo. «Io sono un vero guerriero! Non sono come te! Non uso dei trucchi da codardi per vincere le mie battaglie!»
«Allora dimostralo.»
«E va bene, donna, vediamo se riuscirai a sconfiggere il grande Palnatoke! Questa è la mia tempesta! Sono io ad avere il favore della battaglia! Ci saremo solo io e te in questo duello! Non ho bisogno dell’aiuto di nessun altro per ucciderti!»
Cesare si preparò a raggiungere l’avversario e Alessandro, preoccupato per la Servant, le domandò:
«Sei sicura di poterlo affrontare?»
«Non ti preoccupare, Commilitone, lancerò il dado e vedremo come andrà a finire.»
«Ma lui ha un forte vantaggio su di te.»
«Lo so, ma chi ha detto che Cesare non può domare i fulmini?»
La battaglia ricominciò.
I due Servant, sommersi in quella tempesta ruggente, si scontrarono per l’ultima volta. Palnatoke scoccò una dozzina di frecce elettriche e Cesare, con una velocità sorprendente, le schivò una dopo l’altra, saltando a destra e a sinistra, e, alla fine, fece un balzo verso l’avversario. Un fulmine cadde dal cielo e Cesare ci appoggiò sopra il piede ed eseguì un salto per raggiungere la folgore successiva e poi quella dopo; tutti rimasero a bocca aperta mentre i Servant iniziarono a combattere spostandosi di fulmine in fulmine sotto quella pioggia battente.
La lama di Cesare deviava le frecce con precisione, ma non era mai in grado di ferire quell’uomo la cui velocità era encomiabile.
«Una donna senza onore non potrà mai sconfiggermi!» urlò lui.
«Staremo a vedere, mio irsuto amico» esclamò lei con un sorriso.
Cesare continuò a saltare sulle saette cercando di avvicinarsi il più possibile all’avversario, ma era complicato riuscire a tenere il passo con lui. Palnatoke era molto più agile di lei e si muoveva fra le i fulmini come una scimmia sugli alberi. Nonostante le sue difficoltà, la ragazza decise di imitare alcune delle mosse dell’avversario nella speranza di accorciare le distanze; perse il ritmo e cadde.
Palnatoke ne approfittò per scoccare una freccia diretta alla testa di lei. Fu la fortuna ad inviare una folgore sotto i piedi di Cesare. La ragazza fece un balzo ed evitò l’attacco del nemico.
Anna Newton, allora, decise di usare un Sigillo del Comando per rafforzare il proprio Servant. Alessandro fece lo stesso, anche se con un po’ più di esitazione.
I due Spiriti Eroici proseguirono il duello sotto la feroce pioggia e, alla fine, entrambi capirono che era arrivato il momento di usare i loro attacchi più devastanti; era il momento di dare il tutto per tutto.
«Il momento è giunto, donna!» affermò Palnatoke preparando il proprio Noble Phantasm.
«Così sia!» La spada di Cesare si illuminò.
I due Servant fecero un salto nello stesso istante.
«Hjörungavágr (La Tempesta Eterna della Guerra)!»
«Crocea Mors (Spada della Vittoria Certa)!»
L’impatto dei due Noble Phantasm generò un’immensa esplosione nel cielo accompagnata da un forte boato.
La tempesta si assopì e con essa anche i sogni gloria di Palnatoke.
L’uomo cadde dal cielo e scomparve ancor prima di toccare terra.
«La battaglia è finita» disse Alessandro con un po’ di rammarico.
«Sarebbe andata in modo differente se i tuoi amici non fossero intervenuti» esclamò Anna indignata. «Hai vinto solo grazie all’inganno.»
Cesare, ritornata dal proprio Master, rispose alle parole di Anna Newton con freddezza:
«Non credi che sia patetico lamentarsi ad oltranza? Quello che è successo è successo, la qualità di questa vittoria ha ben poca importanza. Io ho vinto e il tuo Servant ha perso, questo è ciò che conta. Ora sta al mio Commilitone decidere quello che ne sarà di te—»
«Io ho già deciso, Cesare.» La guardò negli occhi. «Non la ucciderò. Non voglio uccidere nessuno.»
«Commilitone, io non credo che—»
«Ho detto di no!» urlò. «Troverò un modo per uscire da questo posto, non ucciderò nessuno! Acies Gladii!» Alessandro evocò delle spade magiche che vennero sparate contro la barriera che circondava l’anfiteatro. «Adversarium Ferio!»
«Commilitone è inutile...»
«Non è inutile, maledizione!»
Alessandro iniziò a lanciare ogni magia a sua disposizione contro quella barriera; era come un leone che cercava disperatamente di uscire dalla propria gabbia. Gli altri guardavano in silenzio. C’erano occhi di stupore, di indignazione, di compassione e di dolore. Il ragazzo proseguì, a testa bassa, ignorando quelle persone. Aveva un solo un obbiettivo in mente: uscire.
Anna avrebbe potuto sfruttare quel momento per ucciderlo, ma non lo fece. Non lo fece perché c’era qualcosa in lui che le ricordava James Jenkins. Era determinato e gentile allo stesso modo. Non poteva togliere la vita ad una persona così buona e così uguale al ragazzo che lei aveva amato e perso.
Ina ebbe come primo istinto quello di andare da lui per consolarlo, ma Henry la fermò per proteggerla. Lui aveva capito che in quel momento Alessandro era instabile e avrebbe potuto fare cose di cui si sarebbe pentito.
Quando il fumo si diradò e Archer vide spuntare le figure di α Saber e Alessandro Serpi esclamò con energia:
«Impossibile! Quale diavoleria avete usato per sopravvivere al mio Noble Phantasm?!»
Fu allora che l’uomo notò un lungo pezzo di stoffa di color porpora che stava volteggiando attorno ai due.
«Il Velo di Iliona» disse α Rider. «Si tratta di uno dei tesori di Roma, i Pignora imperii. Si dice che Iliona fosse la figlia suicida di Priamo e di Ecuba, il suo velo è in grado di fornire una difesa assoluta contro gli attacchi di natura magica.»
Rider non avrebbe dovuto intromettersi in quello scontro. Non era negli accordi e Anna, furiosa, lo ricordò ad Alessandro, il quale era ancora confuso:
«Hai violato il patto che avevamo fatto! Avevi detto che sarebbe stato uno scontro leale! Era ovvio che tu stessi mentendo! Lo avrei dovuto immaginare!»
Alessandro non ebbe il tempo di rispondere e fu lo stesso Rider a giustificare le proprie azioni:
«Davvero pensavi che un imperatore romano come me avrebbe accettato di assistere alla vittoria di un barbaro? Ti prego... devo difendere la dignità del mio popolo e dei miei famigliari. Non potevo certamente permettere che mia madre venisse uccisa da un simile animale.»
Intervenne α Archer, la Servant di Alisa: «Sei un uomo arrogante, Rider. Questa battaglia riguardava soltanto ω Archer e α Saber, intromettendoti hai violato l’accordo. Ora non ho più alcuna ragione per rimanere in disparte. Ti farò pentire di aver protetto quella ragazza!»
«Mm? E tu chi sei per parlarmi in questo modo? Hai almeno la più vaga idea di chi io sia?»
«Soltanto un uomo morto—»
«Maledizione, Rider!» urlò Alessandro furiosamente. «Cosa ti dice il cervello?! Ti avevo detto che non avevamo bisogno del tuo aiuto! Vuoi davvero costringere Ina a combattere questa guerra?»
«Non osare dirmi quello che devo o non devo fare! Io sono un imperatore, non sono il tuo Servant e non sono tenuto ad ascoltare un plebeo come te. Forse mia madre ti rispetta, ma io no. Il tuo modo di trattare la mia Master è inaccettabile ed io sono stanco di essere messo in disparte come se fossi un Servant qualsiasi! Ora combatterò e ucciderò α Archer!»
«Te lo puoi scordare!» Alessandro si diresse verso il Servant deciso ad imporsi su di lui.
Per il Master di Saber, che aveva visto Servant e Master di ogni tipo, α Rider non era che una creatura eccessivamente arrogante ed estremamente indisciplinata. Alessandro avrebbe usato ogni mezzo a sua disposizione per rimettere in riga quell’uomo.
«Mi stai sfidando, plebeo?» Rider si preparò alla battaglia. «Che tu lo voglia o no, io combatterò contro i nostri nemici—!»
«No, non lo farai» esclamò Cesare con un tono autoritario. «È evidente che tu non abbia capito il tuo posto, figlio mio. Imperatore o meno, tu oggi non saresti qui se non fosse per me, quindi mi ascolterai e farai quello che ti dico. Rimani al tuo posto come ha ordinato il mio Commilitone e non fare troppe storie.»
«Ma io—!»
«Osi davvero sfidarmi, Ragazzo Fortunato?»
Rider si zittì, imbarazzato, e guardò altrove con una punta di vergogna. Quel nomignolo bastò a farlo tacere e a concludere la faida. Dunque Cesare si rivolse ad ω Archer:
«Non c’è bisogno di scandalizzarsi tanto per un aiuto che io non ho scelto di avere. Il patto è ancora valido. Sappi che mio figlio non interverrà più.»
«Sciocchezze! Non posso fidarmi di chi non ha onore—!»
«Oppure non ti fidi abbastanza delle tue capacità» esclamò con un ghigno di sfida. «La prima volta sei quasi riuscito ad uccidermi, hai paura di non riuscirci una seconda volta? Se sei davvero più forte di me scommetto che riuscirai ad ammazzarmi nel secondo round.»
L’uomo non disse niente, ma era chiaro che le parole della ragazza erano riuscite a colpire un punto molle. La Servant di Alisa, invece, non era ancora convinta ed espresse il suo parere:
«Parli bene, α Saber, ma le tue azioni raccontano una storia di disonore e menzogna. Chi ci dice che tu non abbia pianificato tutto questo sin dall’inizio?»
«Farebbe davvero così tanta differenza, α Archer? Anche se tu avessi ragione, questo non cambierebbe il fatto che non potrei mai ripetere una simile furberia una seconda volta. Quindi perché lamentarsi? Non siamo bambini e questo non è un gioco. Se ω Archer è davvero più forte di me, allora riuscirà ad uccidermi senza problemi.»
«So quello che stai facendo, mocciosa» esclamò α Archer. «Dietro i tuoi sorrisi e la tua cortesia c’è la malvagità di un serpente. Vuoi costringerci a giocare al tuo gioco, ma non ci riuscirai—»
«Va bene, lo accetto.» Alzò le spalle con indifferenza. «Però mi piacerebbe ascoltare l’opinione del mio avversario. Sapete entrambi che α Rider non interverrà più, quindi ora la domanda è: ω Archer ha davvero bisogno dell’aiuto di qualcun altro per vincere?»
«No!» urlò l’uomo furibondo. «Io sono un vero guerriero! Non sono come te! Non uso dei trucchi da codardi per vincere le mie battaglie!»
«Allora dimostralo.»
«E va bene, donna, vediamo se riuscirai a sconfiggere il grande Palnatoke! Questa è la mia tempesta! Sono io ad avere il favore della battaglia! Ci saremo solo io e te in questo duello! Non ho bisogno dell’aiuto di nessun altro per ucciderti!»
Cesare si preparò a raggiungere l’avversario e Alessandro, preoccupato per la Servant, le domandò:
«Sei sicura di poterlo affrontare?»
«Non ti preoccupare, Commilitone, lancerò il dado e vedremo come andrà a finire.»
«Ma lui ha un forte vantaggio su di te.»
«Lo so, ma chi ha detto che Cesare non può domare i fulmini?»
La battaglia ricominciò.
I due Servant, sommersi in quella tempesta ruggente, si scontrarono per l’ultima volta. Palnatoke scoccò una dozzina di frecce elettriche e Cesare, con una velocità sorprendente, le schivò una dopo l’altra, saltando a destra e a sinistra, e, alla fine, fece un balzo verso l’avversario. Un fulmine cadde dal cielo e Cesare ci appoggiò sopra il piede ed eseguì un salto per raggiungere la folgore successiva e poi quella dopo; tutti rimasero a bocca aperta mentre i Servant iniziarono a combattere spostandosi di fulmine in fulmine sotto quella pioggia battente.
La lama di Cesare deviava le frecce con precisione, ma non era mai in grado di ferire quell’uomo la cui velocità era encomiabile.
«Una donna senza onore non potrà mai sconfiggermi!» urlò lui.
«Staremo a vedere, mio irsuto amico» esclamò lei con un sorriso.
Cesare continuò a saltare sulle saette cercando di avvicinarsi il più possibile all’avversario, ma era complicato riuscire a tenere il passo con lui. Palnatoke era molto più agile di lei e si muoveva fra le i fulmini come una scimmia sugli alberi. Nonostante le sue difficoltà, la ragazza decise di imitare alcune delle mosse dell’avversario nella speranza di accorciare le distanze; perse il ritmo e cadde.
Palnatoke ne approfittò per scoccare una freccia diretta alla testa di lei. Fu la fortuna ad inviare una folgore sotto i piedi di Cesare. La ragazza fece un balzo ed evitò l’attacco del nemico.
Anna Newton, allora, decise di usare un Sigillo del Comando per rafforzare il proprio Servant. Alessandro fece lo stesso, anche se con un po’ più di esitazione.
I due Spiriti Eroici proseguirono il duello sotto la feroce pioggia e, alla fine, entrambi capirono che era arrivato il momento di usare i loro attacchi più devastanti; era il momento di dare il tutto per tutto.
«Il momento è giunto, donna!» affermò Palnatoke preparando il proprio Noble Phantasm.
«Così sia!» La spada di Cesare si illuminò.
I due Servant fecero un salto nello stesso istante.
«Hjörungavágr (La Tempesta Eterna della Guerra)!»
«Crocea Mors (Spada della Vittoria Certa)!»
L’impatto dei due Noble Phantasm generò un’immensa esplosione nel cielo accompagnata da un forte boato.
La tempesta si assopì e con essa anche i sogni gloria di Palnatoke.
L’uomo cadde dal cielo e scomparve ancor prima di toccare terra.
«La battaglia è finita» disse Alessandro con un po’ di rammarico.
«Sarebbe andata in modo differente se i tuoi amici non fossero intervenuti» esclamò Anna indignata. «Hai vinto solo grazie all’inganno.»
Cesare, ritornata dal proprio Master, rispose alle parole di Anna Newton con freddezza:
«Non credi che sia patetico lamentarsi ad oltranza? Quello che è successo è successo, la qualità di questa vittoria ha ben poca importanza. Io ho vinto e il tuo Servant ha perso, questo è ciò che conta. Ora sta al mio Commilitone decidere quello che ne sarà di te—»
«Io ho già deciso, Cesare.» La guardò negli occhi. «Non la ucciderò. Non voglio uccidere nessuno.»
«Commilitone, io non credo che—»
«Ho detto di no!» urlò. «Troverò un modo per uscire da questo posto, non ucciderò nessuno! Acies Gladii!» Alessandro evocò delle spade magiche che vennero sparate contro la barriera che circondava l’anfiteatro. «Adversarium Ferio!»
«Commilitone è inutile...»
«Non è inutile, maledizione!»
Alessandro iniziò a lanciare ogni magia a sua disposizione contro quella barriera; era come un leone che cercava disperatamente di uscire dalla propria gabbia. Gli altri guardavano in silenzio. C’erano occhi di stupore, di indignazione, di compassione e di dolore. Il ragazzo proseguì, a testa bassa, ignorando quelle persone. Aveva un solo un obbiettivo in mente: uscire.
Anna avrebbe potuto sfruttare quel momento per ucciderlo, ma non lo fece. Non lo fece perché c’era qualcosa in lui che le ricordava James Jenkins. Era determinato e gentile allo stesso modo. Non poteva togliere la vita ad una persona così buona e così uguale al ragazzo che lei aveva amato e perso.
Ina ebbe come primo istinto quello di andare da lui per consolarlo, ma Henry la fermò per proteggerla. Lui aveva capito che in quel momento Alessandro era instabile e avrebbe potuto fare cose di cui si sarebbe pentito.
Cesare, invece, si avvicinò a lui e gli afferrò la spalla con forza:
«Basta. Stai esagerando.»
«Stai lontana da me, so quello che sto facendo. Devo solo trovare un punto debole in questa barriera. Ci vorrà del tempo, ma ci riuscirò...»
«Commilitone, non ci riuscirai—»
«Stronzate! Troverò il punto debole di questa barriera e usciremo da qui!»
«Alessandro—»
«Si può sapere qual è il vostro problema?!» urlò a squarcia gola. «Tutti pensano solo a morire, ad uccidere e a massacrare! Possibile che non esista un magus con un minimo di buon senso?! Siamo esperti di magia e l’unica cosa che sappiamo fare è distruggere?! Com’è possibile? Io ero il magus più talentuoso della Congrega, maledizione! Sicuramente posseggo una magia in grado di salvarci tutti! Ne sono sicuro! Aspettate e vedrete! Io riuscirò ad liberarci tutti e nessuno dovrà morire! Nessuno!»
«Alessandro, basta!» urlò la Servant.
«NO!» gridò in lacrime. «State tutti lontani da me! Nessuno osi avvicinarsi! Lasciatemi fare il mio lavoro! Io vi salverò! Io vi—!»
Ina corse verso il ragazzo e lo abbracciò. «Basta, ti prego!» La ragazza stava piangendo. «Ti stai facendo male. Devi calmarti...»
La rabbia mutò in tristezza. Il ragazzo si abbandonò all’affetto di Ina e lasciò uscire tutte le lacrime che aveva in corpo.
«Io non posso... non posso farlo... devo uscire da qui... devo uscire... maledizione...»
In quel momento un brivido corse lungo le braccia di Alessandro, c’era qualcosa che era cambiato nell’aria. Prese Ina e ordinò a Henry di proteggerla. Lui si allontanò di poco per studiare il luogo attorno a sé. Gli altri gli chiesero quale fosse il problema, ma lui non rispose; era troppo concentrato sul cercare di capire che cosa stesse succedendo. Con gli occhi setacciò ogni angolo dell’arena e, alla fine, sollevò il capo e vide, poco più avanti, una figura maschile. Non poteva percepire la sua energia magica.
«Una Imitazione...» disse scioccato.
Quando anche gli altri si accorsero della presenza di questo straniero, la vita di Anna Newton conobbe una fine violenta.
Alisa lasciò uscire dalla bocca un grido di terrore e tutti videro Anna essere decapitata da un Servant con fattezze androgine; si trattava di ω Specter. La barriera magica scomparve nel momento in cui il sangue innocente si riversò sull’altare.
«No...» fece Alessandro scioccato. «No... chi cazzo siete voi due?»
Il Master di Specter raggiunse il centro dell’arena e, con un ghigno sadico, fece un lieve inchino.
«Piacere di conoscerti, tu devi essere il fratello di Yukiko Kumahira. Io sono Tao Shunyuan e sono qui per l’omuncolo traditore. Ti prego di non intralciarmi.»
Non appena Tao incrociò lo sguardo di Alisa, quest’ultima scappò in preda al terrore lasciandosi alle spalle il corpo della defunta amica. L’uomo iniziò l’inseguimento e Alessandro, infuriato, si mise in testa di vendicare Anna. Insegui Tao ed evocò delle spade per colpirlo, ma lo mancò e, alla fine, venne fermato da Vergil.
«Sei piuttosto maleducato» disse Vergil. «Il mio collega ti aveva chiesto di non intralciarlo.»
«Fuori dalla mia strada, pazzo!»
Alessandro sferrò un pugno, ma colpì solo l’aria.
«Siamo violenti, eh? Mi sorprendo che tu abbia deciso di mostrare solo adesso questa aggressività. Se avessi ucciso la ragazza, forse non saremmo mai arrivati a questo punto.»
«Smettila di parlare! Non voglio più ascoltarti—!»
«Oh, suvvia, mi piace fare due chiacchiere con la mia nemesi.»
«Sei un mostro! Un cazzo di mostro! Non abbiamo niente da dirci!»
«Tu sei una delusione, invece. Mi sarei aspettato una maggiore iniziativa da parte di un magus come te, ma a quanto pare sei ancora incapace di comprendere il tuo posto in questa meravigliosa guerra. Ti limiti a piangere come un moccioso e a mostrare compassione nei confronti di pedine. Anna è morta e anche Alisa morirà. Non puoi evitarlo, non hai la forza per farlo.»
«Non sfidarmi, bastardo—!»
«Ti ho già sfidato parecchie volte, sai? E cosa hai fatto? Niente. Anzi, ancor meno di niente. Ti sei limitato a piangere e a lamentarti dell’orrore di questa guerra. Non è quello che voglio, non è quello che ho progettato per te. Forse bisogna metterti all’angolo per costringerti a mostrare le zanne.»
Una luce abbagliante avvolse sia Alessandro che Cesare. In un istante i due si trovarono davanti ad un anfiteatro.
«Cosa...? Dove mi hai portato...?»
«Il dove non ha importanza, amico mio. Ciò che conta è altro...»
Con un cenno della testa invitò Alessandro a voltarsi. Il sangue del ragazzo gelò alla vista di quel ghigno demoniaco, il freddo terrore bloccò i suoi sensi per un breve momento e un senso di nausea occupò il suo stomaco.
Si voltò lentamente.
Ina non c’era.
Ina non era più con lui.
Vergil lo aveva separato da Ina.
«Vediamo chi morirà per primo: tu o lei? Non ti preoccupare, ho anche spostato lei... così ti sarà più difficile trovarla. Ora si trova in una delle arene, forse è quella alle mie spalle o forse no. Chissà...»
Alessandro non riusciva a formulare neanche un pensiero. La sua mente era completamente oscurata, era come se tutte le parole fossero state sepolte.
«Forza, Alessandro, è il momento di tirare fuori gli artigli. Voglio vedere di che cosa sei capace. Mostrami la tua forza.»
«Basta. Stai esagerando.»
«Stai lontana da me, so quello che sto facendo. Devo solo trovare un punto debole in questa barriera. Ci vorrà del tempo, ma ci riuscirò...»
«Commilitone, non ci riuscirai—»
«Stronzate! Troverò il punto debole di questa barriera e usciremo da qui!»
«Alessandro—»
«Si può sapere qual è il vostro problema?!» urlò a squarcia gola. «Tutti pensano solo a morire, ad uccidere e a massacrare! Possibile che non esista un magus con un minimo di buon senso?! Siamo esperti di magia e l’unica cosa che sappiamo fare è distruggere?! Com’è possibile? Io ero il magus più talentuoso della Congrega, maledizione! Sicuramente posseggo una magia in grado di salvarci tutti! Ne sono sicuro! Aspettate e vedrete! Io riuscirò ad liberarci tutti e nessuno dovrà morire! Nessuno!»
«Alessandro, basta!» urlò la Servant.
«NO!» gridò in lacrime. «State tutti lontani da me! Nessuno osi avvicinarsi! Lasciatemi fare il mio lavoro! Io vi salverò! Io vi—!»
Ina corse verso il ragazzo e lo abbracciò. «Basta, ti prego!» La ragazza stava piangendo. «Ti stai facendo male. Devi calmarti...»
La rabbia mutò in tristezza. Il ragazzo si abbandonò all’affetto di Ina e lasciò uscire tutte le lacrime che aveva in corpo.
«Io non posso... non posso farlo... devo uscire da qui... devo uscire... maledizione...»
In quel momento un brivido corse lungo le braccia di Alessandro, c’era qualcosa che era cambiato nell’aria. Prese Ina e ordinò a Henry di proteggerla. Lui si allontanò di poco per studiare il luogo attorno a sé. Gli altri gli chiesero quale fosse il problema, ma lui non rispose; era troppo concentrato sul cercare di capire che cosa stesse succedendo. Con gli occhi setacciò ogni angolo dell’arena e, alla fine, sollevò il capo e vide, poco più avanti, una figura maschile. Non poteva percepire la sua energia magica.
«Una Imitazione...» disse scioccato.
Quando anche gli altri si accorsero della presenza di questo straniero, la vita di Anna Newton conobbe una fine violenta.
Alisa lasciò uscire dalla bocca un grido di terrore e tutti videro Anna essere decapitata da un Servant con fattezze androgine; si trattava di ω Specter. La barriera magica scomparve nel momento in cui il sangue innocente si riversò sull’altare.
«No...» fece Alessandro scioccato. «No... chi cazzo siete voi due?»
Il Master di Specter raggiunse il centro dell’arena e, con un ghigno sadico, fece un lieve inchino.
«Piacere di conoscerti, tu devi essere il fratello di Yukiko Kumahira. Io sono Tao Shunyuan e sono qui per l’omuncolo traditore. Ti prego di non intralciarmi.»
Non appena Tao incrociò lo sguardo di Alisa, quest’ultima scappò in preda al terrore lasciandosi alle spalle il corpo della defunta amica. L’uomo iniziò l’inseguimento e Alessandro, infuriato, si mise in testa di vendicare Anna. Insegui Tao ed evocò delle spade per colpirlo, ma lo mancò e, alla fine, venne fermato da Vergil.
«Sei piuttosto maleducato» disse Vergil. «Il mio collega ti aveva chiesto di non intralciarlo.»
«Fuori dalla mia strada, pazzo!»
Alessandro sferrò un pugno, ma colpì solo l’aria.
«Siamo violenti, eh? Mi sorprendo che tu abbia deciso di mostrare solo adesso questa aggressività. Se avessi ucciso la ragazza, forse non saremmo mai arrivati a questo punto.»
«Smettila di parlare! Non voglio più ascoltarti—!»
«Oh, suvvia, mi piace fare due chiacchiere con la mia nemesi.»
«Sei un mostro! Un cazzo di mostro! Non abbiamo niente da dirci!»
«Tu sei una delusione, invece. Mi sarei aspettato una maggiore iniziativa da parte di un magus come te, ma a quanto pare sei ancora incapace di comprendere il tuo posto in questa meravigliosa guerra. Ti limiti a piangere come un moccioso e a mostrare compassione nei confronti di pedine. Anna è morta e anche Alisa morirà. Non puoi evitarlo, non hai la forza per farlo.»
«Non sfidarmi, bastardo—!»
«Ti ho già sfidato parecchie volte, sai? E cosa hai fatto? Niente. Anzi, ancor meno di niente. Ti sei limitato a piangere e a lamentarti dell’orrore di questa guerra. Non è quello che voglio, non è quello che ho progettato per te. Forse bisogna metterti all’angolo per costringerti a mostrare le zanne.»
Una luce abbagliante avvolse sia Alessandro che Cesare. In un istante i due si trovarono davanti ad un anfiteatro.
«Cosa...? Dove mi hai portato...?»
«Il dove non ha importanza, amico mio. Ciò che conta è altro...»
Con un cenno della testa invitò Alessandro a voltarsi. Il sangue del ragazzo gelò alla vista di quel ghigno demoniaco, il freddo terrore bloccò i suoi sensi per un breve momento e un senso di nausea occupò il suo stomaco.
Si voltò lentamente.
Ina non c’era.
Ina non era più con lui.
Vergil lo aveva separato da Ina.
«Vediamo chi morirà per primo: tu o lei? Non ti preoccupare, ho anche spostato lei... così ti sarà più difficile trovarla. Ora si trova in una delle arene, forse è quella alle mie spalle o forse no. Chissà...»
Alessandro non riusciva a formulare neanche un pensiero. La sua mente era completamente oscurata, era come se tutte le parole fossero state sepolte.
«Forza, Alessandro, è il momento di tirare fuori gli artigli. Voglio vedere di che cosa sei capace. Mostrami la tua forza.»
'Cesare può domare i fulmini' di BikoWolf |
Bel capitolo, eh?😏 Combattimenti sui fulmini, Ina che viene separata da Alessandro e anche tante cattive cose che vengono fatte da Vergil e i suoi scagnozzi. Mm... lo so che dovrei pubblicare più spesso (lo so...) e ci devo sinceramente provare, but it's so hard😟 Comunque se volete leggere il prequel di Fate/Yggdrasil Adocentyn potete cliccare qui e scaricare il PDF.